Massimo Ferrarese, imprenditore brindisino proprietario della Prefabbricati Pugliesi, è tornato a ribadirlo in queste settimane di nuova crisi dell'Ilva di Taranto. Ci aveva già provato sei anni fa, quando aveva abbandonato da poco la guida della Provincia di Brindisi e continuava a fare politica: "Ma quando sei dentro, non ti ascoltano mai se non sei del loro partito. Oggi sono fuori e spero che una proposta di buon senso venga almeno letta"
“Lo dico dal 2013, a Taranto serve una No Tax Area. Ora se ArcelorMittal deciderà di andare via, spero che si riprenda in mano quella proposta”. Massimo Ferrarese, imprenditore brindisino proprietario della Prefabbricati Pugliesi, è tornato a ribadirlo in queste settimane di nuova crisi dell’Ilva di Taranto. Ci aveva già provato sei anni fa, quando aveva abbandonato da poco la guida della Provincia di Brindisi e continuava a fare politica.
“Ma quando sei dentro, non ti ascoltano mai se non sei del loro partito. Oggi sono fuori e spero che una proposta di buon senso venga almeno letta”, spiega a Ilfattoquotidiano.it. Ferrarese – che è stato anche nella giunta nazionale di Confindustria ai tempi di Montezemolo e presidente dell’Invimit fino alla nascita del governo gialloverde – dice di averne parlato con il governatore della Puglia, Michele Emiliano, e il sindaco di Taranto, Rinaldo Melucci. “E so che l’idea è arrivata al premier Giuseppe Conte”, sottolinea.
Di cosa parliamo?
Se ArcelorMittal decidesse di andare via, l’Ilva andrebbe nazionalizzata così da continuare le bonifiche del territorio e l’ambientalizzazione dell’acciaieria, trasformandola in un’azienda utile al Paese e rispettosa della città in cui opera. Non potrà occupare gli stessi lavoratori di prima? A maggior ragione serve una No Tax Area, con il via libera dell’Unione Europea, per favorire investimenti. Servono 2-300 ettari liberi da tassazione per rendere Taranto attrattiva. E il governo dovrebbe aggiungere una legge simile alla 488 del 1992 sulle agevolazioni a favore delle attività produttive nelle aree depresse.
Bruxelles non sarebbe d’accordo, non trova?
Ma in Europa non si possono sempre fare due pesi e due misure. Nel Lussemburgo di Jean-Claude Juncker cosa accade? E a Cipro o a Malta o in Irlanda? Come si fa a dire di no a una realtà di simile estensione, se non più piccola, come Taranto per risolvere un problema sociale?
Che viene da lontano.
Sessant’anni fa quella fabbrica è stata realizzata a Taranto sapendo che avrebbe devastato un territorio, la compensazione offerta furono 30mila posti di lavoro. Ora non solo la città si ritrova un ambiente distrutto, ma anche un problema sanitario. Oltre alla beffa che i posti del lavoro si sono già ridotti al lumicino e oggi, ben che vada, se ne sacrificheranno altri 5mila. Per non parlare delle chance avute e perse.
In che senso?
Quante aziende turistiche o agricole esistono in un’area che avrebbe tutte le possibilità di puntare forte su entrambi i settori? E quanta gente è scappata perché c’era l’Italsider? Una città non vive solo di operai. Taranto va risarcita con una contropartita uguale a quella di 60 anni fa e deve farlo lo Stato, perché quell’insediamento è stato deciso e gestito dallo Stato. Nel frattempo è stata privatizzata, certo, ma in un certo qual senso quelle persone devono avere le stesse garanzie di un qualunque impiegato statale.
La sua idea di apertura a un nuovo modello attraverso la No Tax Area risale al 2013. Qualcuno la ascoltò?
Ne parlai con l’allora sindaco Ippazio Stefàno, mi disse che era disponibile a supportarla. Poi è scomparso. Oggi da semplice imprenditore sono ancora più libero di dirlo perché non faccio e non farò più politica. All’epoca avevo appena finito di essere presidente della Provincia di Brindisi e avevo un mio movimento politico (Noi Centro, ndr) che aveva rappresentanti in Comune a Taranto e in diversi paesi della provincia. Ma quando sei dentro, non ti ascoltano mai se non sei del loro partito. Oggi sono fuori e spero che una proposta di buon senso non venga cestinata.
All’epoca si era all’inizio della crisi dell’Ilva dopo l’inchiesta Ambiente Svenduto. Si sono persi 7 anni?
Ma ancora prima dell’amministrazione straordinaria si erano già persi migliaia di posti di lavoro, solo che non se lo ricorda nessuno. Nel tempo c’è stata come una sorta di assuefazione, un grande sonno indotto da cassa integrazione e il ritornare degli stessi problemi e delle stesse soluzioni. Nel frattempo si è ampliato lo scempio ambientale ed ora è giusto che lo Stato intervenga: si è creato un problema di inquinamento e sanitario, e il motivo per il quale è stato creato, il lavoro, oggi non regge quasi più. Per non parlare della pubblicità negativa fatta a Taranto: non solo lì non si investe, ma non ci si va se non per necessità.