La NordLB, affossata dai crediti deteriorati, sarà ricapitalizzata da Bassa Sassonia, Sassonia Anhalt e le casse locali azioniste. Angelo Baglioni: "Sull'Italia c'è stata maggiore severità". L'ex commissario Consob Bragantini: "Le norme europee consentono l’intervento di azionisti pubblici se avviene alle stesse condizioni con cui lo effettuerebbero i privati. C'è discrezionalità. Il punto è che dalla Germania sta partendo un ripensamento della disciplina dei salvataggi bancari"
Siamo tutti uguali ma qualcuno è più uguale degli altri. È l’eterno, orwelliano, sospetto che guasta i rapporti tra Stati all’interno dell’Unione europea e che ora trova nuovo motivo nel via libera al salvataggio con fondi pubblici della banca tedesca NordLB deciso dall’antitrust di Bruxelles. In realtà la decisione non sembra in contrasto con le norme che regolano la materia ma certamente in altri casi, ad esempio l’italiana Tercas, l’approccio è stato differente.
Ricapitoliamo brevemente la vicenda di NordLB. La banca di Hannover è stata trascinata a picco dal deteriorarsi di prestiti erogati al settore dei trasporti marittimi. Negli ultimi anni il settore ha pagato un eccesso di capacità, a fronte del rallentamento dei traffici da e per la Cina. Così di quasi 20 miliardi di finanziamenti concessi da NordLB, un terzo si è trasformato in “non performing loan”, ossia prestiti che non saranno più rimborsati o lo saranno solo in parte. Eroso dalle perdite (2,3 miliardi di rosso solo nel 2018) il capitale della banca tedesca è sceso sotto i limiti di guardia rendendo necessaria un’iniezione di soldi freschi. NordLB è però una banca pubblica, i suoi azionisti sono infatti la Bassa Sassonia con il 59%, la Sassonia Anhalt con il 5,5% e il resto è in mano ad un gruppo di casse locali. Questi sono dunque i soci chiamati a ricapitalizzare la banca.
Il piano di salvataggio è stato imbastito già lo scorso febbraio, dopo un fallito tentativo di fusione con la Helaba bank di Francoforte. La Bassa Sassonia verserà nelle casse di NordLB 1,5 miliardi di euro e si impegna a fornire garanzie su eventuali altre perdite quantificate in circa 800 milioni di euro. Le casse locali forniranno altri 1,2 miliardi di euro “cash”. L’ intervento degli azionisti è stato orchestrato anche per respingere l’assalto di due fondi di private equity statunitensi Cerberus e Centerbridge. A inizio settimana la direzione generale concorrenza dell’Unione europea ha sentenziato che questa operazione non contrasta con le regole europee in tema di salvataggi bancari, invitando al Commissione ad approvare il salvataggio. “Per dare una valutazione corretta di questa decisione bisognerebbe conoscere nel dettaglio le motivazioni finali”, spiega Salvatore Bragantini, ex commissario Consob che ha ricoperto la carica di vicepresidente di Banca Popolare di Vicenza nelle fasi di salvataggio dell’istituto, dopo la fallimentare gestione di Gianni Zonin. “Tuttavia”, aggiunge Bragantini, “le norme europee consentono effettivamente l’intervento di azionisti pubblici se questo avviene alle stesse condizioni con cui lo effettuerebbero i privati. Si tratta però di una regola con margini di discrezionalità, difficile da provare, sia in un senso che nell’altro”.
Sulla stessa linea anche Angelo Baglioni, docente di economia politica all’università Cattolica di Milano ed autore del libro “Banche di nebbia”, che spiega “l’operazione è formalmente legittima poiché si tratta di una banca già pubblica che viene salvata dai suoi azionisti, e questo è una possibilità contemplata dalle norme in vigore. E’ un’operazione che deve avvenire a condizioni di mercato e la direzione generale ha ritenuto che così sia stato”. Il fatto che l’intervento degli azionisti sia arrivato anche in chiave difensiva rispetto alla possibilità di un’operazione di fondi di private equity, conferma che, tutto sommato, esisteva un interesse per l’istituto anche da parte di soggetti privati. Non si tratta insomma di una banca decotta tenuta a galla contro ogni logica economica. Se la decisione delle autorità europee non appare dunque di per sé criticabile, è vero che in passato la linea seguita è stata differente. “Senza dubbio in alcune situazioni italiane è stata applicata una maggiore severità“, sottolinea Baglioni che aggiunge: “In particolare è stato un grave errore giudicare aiuti pubblici gli interventi del Fondo di tutela dei depositi che è invece alimentato da risorse private”. Su questo peraltro si è espressa lo scorso marzo la Corte di giustizia europea bocciando l’interpretazione data dalla Direzione generale concorrenza in relazione al salvataggio della banca italiana Tercas.
“E’ possibile, ma prematuro, affermare che Nord LB abbia avuto un qualche trattamento di favore”, tuttavia, rimarca Bragantini, “il punto è un altro. E’ in atto un generale ripensamento della disciplina dei salvataggi bancari. Un ripensamento che, è vero, parte dalla Germania che si ora trova a dover gestire diverse situazioni problematiche interne ma che, alla fine, dovrebbe portare benefici per tutti i paesi membri”. In questa direzione vanno anche le recenti dichiarazioni del ministro delle finanze tedesche Olaf Scholz che ha recentemente aperto ad un rafforzamento dell’unione bancaria e alla creazione di uno schema comune europeo di assicurazione dei depositi.