Email, Instagram e Whatsapp pressoché inaccessibili, così come Facebook e Twitter, perché i sistemi antifiltro non funzionano. Tutto per impedire la diffusione di notizie e video sulle proteste contro il caro benzina scoppiate in Iran già da due giorni e che non sembrano arrestarsi. Un poliziotto è rimasto ucciso nell’ovest del Paese, a Kermanshah, una quarantina di persone sono state arrestate e 14 hanno perso la vita. Numeri che circolano ufficiosamente, perché il numero di vittime resta imprecisato. Ali Khamenei, guida suprema iraniana, ha dichiarato il suo sostegno alla decisione governativa di razionare e aumentare i prezzi della benzina e ha accusato quelli che ha definito dei “banditi” di avere provocato gli incidenti avvenuti durante le proteste di piazza. “Non risolveranno niente, ma porteranno solo insicurezza”, ha aggiunto Khamenei, accusando l’ex famiglia reale dei Pahlavi e i “criminali” Mojaheddin del Popolo, gruppo armato che si oppone alla Repubblica islamica, di avere “incoraggiato” gli incidenti. Quanto alla decisione sul razionamento e il rincaro dei prezzi, la Guida ha sottolineato: “Io non sono un esperto, ma poiché la scelta è stata fatta dai capi dei tre rami istituzionali, la sostengo”.

E mentre il Parlamento dà il suo assenso al razionamento e ai rincari durante una seduta a porte chiuse, l’intelligence iraniana annuncia che risponderà con forza alle azioni vandaliche durante le proteste per il caro-benzina che infiammano il paese, e ha assicurato che “non verrà risparmiato alcuno sforzo” allo scopo di salvaguardare la sicurezza nazionale. Quanto all’agente ucciso a Kermanshah, il generale Ali Akbar Javidan, capo della polizia della provincia, ha detto che l’agente è stato colpito quando “uomini armati” hanno attaccato una stazione di polizia.

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