Cinema

Aspromonte – La terra degli ultimi, il ritorno di Marcello Fonte dopo Dogman: un film ambientato nel profondo Sud, con un tocco di western

di Davide Turrini

Marcellino, pane, poesia e Calabria. Il ritorno di Marcello Fonte, la (ri)scoperta di Matteo Garrone in Dogman, è nel nuovo film di Mimmo Calopresti, Aspromonte – La terra degli ultimi. Fonte interpreta Ciccio, il poeta di Africo, un paesino arroccato sull’Aspromonte attorno al 1951. Ciccio più che declamare versi è l’unico che sa leggere e scrivere in paese. Disegna con la mano e la penna traiettorie impossibili nel cielo, riunisce e raccoglie i ragazzini che stanno per andare a scuola proprio quando arriva la nuova maestra dal Nord (Valeria Bruni Tedeschi). Al paese però è appena morta una donna che stava per partorire. Niente medico da millenni, solo un pulviscolo di stato con tre carabinieri, il solito “don” tutto tradizione e criminalità (Sergio Rubini), e nemmeno una strada per scendere (e salire) a Marina. In attesa delle promesse prefettizie, i paesani decidono di costruirsela da soli, la strada, per poter accedere finalmente ad un ospedale, alla scuola, alla civiltà.

Ovviamente questo non va a genio proprio all’anziano delinquente con la coppola e nemmeno ai funzionari di governo espropriati dalle loro funzioni. Così Aspromonte, in sottofinale, viene screziato da una dinamica western, un triello di giustizia e fucili, mentre una fiumana di gente lascia il paese alla ricerca di lavoro. Pochi mesi dopo Africo, nella realtà storica fuori cinema, verrà distrutto da un alluvione. Aspromonte – La terra degli ultimi è un film che rievoca simbolicamente l’impossibilità di una comunità del profondo Sud di risollevarsi con la propria volontà dall’arcaicità endogena e dalla violenta sopraffazione esogena. Immerso in un’ambientazione che più pauperistica non si può, pietre, fascine di rami, bimbi scalzi, facce deformate dallo sporco, il film di Calopresti staziona tra moto dell’anima (lui e il producer Fulvio Lucisano, entrambi calabresi hanno voluto omaggiare le proprie radici e la propria terra) e un ché di insolitamente ribelle e rivoltoso, spaziando dai momenti “leggeri” in cui Ciccio, bambini e le musiche di Nicola Piovani sfiorano la favola e il sangue che scorre come fossimo in un’epica ultrarealistica. In sala da giovedì 21 novembre.

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