Sono passati 10 anni da quando, nel 2009, esplodeva sui media la storia che poi sarebbe stata chiamata “climategate” – qualche volta “climagate” in Italia. Era successo che qualcuno aveva violato il server della “Climate Research Unit” (CRU) dell’Università di East Anglia, in Cambridge, portandosi via e poi diffondendo le e-mail private che alcuni scienziati del clima si erano scambiate. Da lì, è nata una polemica a livello planetario che dura tuttora. I dati diffusi sono stati interpretati da molti come la “prova” che gli scienziati del clima erano impegnati in un grande complotto globale per inventarsi un riscaldamento globale inesistente. Forse lo hanno fatto per pura incompetenza, forse per far soldi, forse per renderci tutti schiavi, forse per imporre il comunismo in tutto il mondo, insomma qualcosa del genere.
Rivista a distanza di tanto tempo, sembra incredibile che si sia fatto tanto rumore per una cosa del genere. Non c’era niente di male in quei messaggi, salvo che sono state esaminati con un atteggiamento da inquisitori alla ricerca di eretici da mandare al rogo. Ma, nonostante l’accanimento, tutto quello che gli inquisitori hanno potuto trovare sono un paio di frasi che sono state prese fuori contesto e fraintese, tipo “il trucco di Mike” e “nascondere il declino” e che non indicavano assolutamente una manipolazione illecita dei dati. Poi i messaggi contenevano opinioni personali che sono stati anche quelle prese fuori contesto, ingigantite, e presentate come prova di colpevolezza. Ma non c’era traccia di complotto in nessuno dei messaggi, niente che indicasse che gli scienziati avevano alterato i dati per adattarli alle loro opinioni pregresse.
Insomma, tanto rumore per nulla: un semplice trucco propagandistico gonfiato dai media. Ma è stato un trucco efficace: la parola “climategate” è diventata rapidamente uno slogan che non aveva bisogno di spiegazioni. Come risultato, molta gente ha creduto alla storia dei “climatologi cattivi” e se leggete i vari commenti che appaiono oggi in occasione del decennale, vedete che ancora oggi tanta gente ci crede. Il potere della propaganda è grande.
Non è facile quantificare quali danni la storia del climategate abbia fatto a tutti noi, ma certamente è stato un punto di svolta nel dibattito sul clima. Fino a qualche anno prima, era ancora possibile fare dibattiti dove partecipavano persone con qualifiche scientifiche che avevano opinioni opposte e dove si rimaneva entro i limiti del dibattito civile. Ma il climategate ha cambiato tutto, scaraventando lo scontro dalla scienza alla politica. Per essere precisi, l’idea che tutta la faccenda del riscaldamento globale fosse una bufala serpeggiava da tempo, ma con il climategate l’idea del complotto era stata sdoganata. E’ da allora che gli attacchi contro la scienza del clima non hanno avuto più che una vaga pretesa di essere basati un’interpretazione scientifica alternativa. Sono diventati attacchi puramente politici e si sa che in politica si fa tanta polemica, ma si riesce male ad agire sulla base dei dati.
E così sono passati 10 anni in cui si è fatto ben poco per fermare il cambiamento climatico che, a questo punto, sta galoppando e rischia di travolgerci tutti quanti. Forse il fatto di aver visto mezza Italia sott’acqua in questi giorni ci da un’idea di quanto drammatica sia la situazione, ma non è solo questo: c’è ben di più! Il fatto è che tutto l’ecosistema planetario da segni di una grave crisi in atto: sparizione degli insetti, perdita della biodiversità, estinzioni, fusione dei ghiacci, ondate di calore, incendi, disastri vari e, alla fine dei conti, le temperature che continuano ad aumentare inesorabilmente.
Di fronte a questa situazione, è impressionante vedere che da noi ci sia ancora chi raccoglie firme e organizza convegni contro gli “allarmisti climatici,” mentre Vittorio Feltri ci racconta in completa serietà che “del clima non mi frega niente: con 2 gradi in più a Bergamo si sta meglio.” Se ci siamo ridotti a questi livelli, non sarà stata tutta colpa del climategate ma, insomma, anche quello ha dato una mano. Ma prendiamola in termini costruttivi: in fondo, dalla storia del climategate potremmo imparare come non farsi imbrogliare da questi trucchi propagandistici.