La Procura di Milano ha trasformato il fascicolo sulla ex Ilva da conoscitivo a penale. I pm Stefano Civardi e Maurizio Clerici ha iscritto i reati: false comunicazioni al mercato e sociali. Gli inquirenti si stanno orientando anche su reati fallimentari. In un primo momento si era parlato anche di illeciti tributari e su possibili reati pre-fallimentari, con un focus sul mancato pagamento dei creditori dell’indotto. L’inchiesta, formalmente a carico di ignoti, ha ora un oggetto di indagine molto preciso. Filoni questi che si aggiungono a verifiche su presunte appropriazioni indebite di materiale relativo al magazzino di materie prime. Inquirenti e investigatori milanesi hanno già iniziato ad ascoltare oggi le prime persone informate sui fatti. Il procuratore capo Francesco Greco ha anche incontrato anche uno dei commissari dell’Ilva e in mattinata in procura ci sono state riunioni tra pm e investigatori.
Le ditte dell’indotto la scorsa settimana aveva messo in mora la multinazionale dell’acciaio intimando di saldare entro venerdì oltre 5 milioni di fatture scadute per prestazioni e servizi forniti negli scorsi mesi. Se si aggiungono le fatture in scadenza, il monte dei crediti si aggira attorno ai 50-60 milioni di euro, motivo per cui in mattinata le ditte sono in presidio – assieme agli autotrasportatori – davanti ai cancelli d’ingresso dell’acciaieria di Taranto.
Il procuratore aggiunto Maurizio Romanelli e i pm Stefano Civardi e Mauro Clerici – che scovarono il “tesoretto” dei Riva in un trust sull’isola di Jersey – hanno aperto un fascicolo venerdì incentrato principalmente sulla questione finanziaria e delegato il Nucleo di Polizia economico-finanziaria della Guardia di finanza per gli accertamenti preliminari. La decisione è giunta ravvisando un “preminente interesse pubblico relativo alla difesa dei livelli occupazionali, alle necessità economico-produttive del Paese, agli obblighi del processo di risanamento ambientale”. Oltre a questo, secondo quanto riferito in ambienti giudiziari, le indagini puntano ad accertare la regolarità o meno nei rapporti economici e contrattuali e se siano state poste in essere condotte che abbiano causato l’eventuale depauperamento del ramo d’azienda.
Filoni che si intrecciano con quanto denunciato in un esposto dai commissari di Ilva in amministrazione straordinaria alla procura di Taranto. Nelle 18 pagine firmate dai commissari Francesco Ardito, Alessandro Danovi e Antonio Lupo e dall’avvocato Angelo Loreto che sta seguendo la vicenda, sono diverse le questioni segnalate. Una delle questioni principali trattate riguarderebbe proprio il fermo degli impianti: per i commissari, infatti, spegnerli avrebbe due conseguenze. La prima è che ArcelorMittal – oggi affittuario – mancherebbe a un impegno contrattuale che è quello di restituire la fabbrica di Taranto nelle condizioni in cui l’ha trovata e quindi con gli impianti “in marcia”: a questo deve essere aggiunto un dettaglio non trascurabile e cioè che se fosse confermato lo spegnimento i danni sarebbero tali da richiedere non solo molto tempo, ma soprattutto una spesa che secondo le prime stime necessiterebbe decine di milioni di euro.
A ciò si aggiunge il sospetto che ArcelorMittal possa aver comprato materie prime a prezzi gonfiati e venduto tonnellate di prodotti finiti a prezzi bassi a società estere del gruppo. In tutto questo si potrebbe sostanziare, secondo quanto riportato nell’esposto, un danneggiamento dell’economia nazionale riferito in particolare lo spegnimento degli impianti dell’Ilva che sono considerati “strategici” per legge. Il procuratore di Taranto Carlo Maria Capristo e l’aggiunto Maurizio Carbone, insieme al pm Mariano Buccoliero, ipotizzano i reati di distruzione di mezzi di produzione e appropriazione indebita. In giornata hanno consegnato la delega ai finanzieri e nei prossimi giorni potrebbero acquisire materiale nell’acciaieria e nella sede di ArcelorMittal. Un primo passo in un’inchiesta che i magistrati vogliono portare avanti in maniera spedita. Un’altra delega di indagine verrà conferita ai carabinieri del Noe e ai militari dell’Arma che si occupano della sicurezza sui luoghi di lavoro.
Giustizia & Impunità
Ilva, la procura di Milano indaga per false comunicazioni sociali e al mercato. Sentite le prime persone informate sui fatti
Il procuratore capo Francesco Greco ha anche incontrato anche uno dei commissari dell’Ilva e in mattinata in procura ci sono state riunioni tra pm e investigatori. A Taranto si indaga su distruzione di mezzi di produzione e appropriazione indebita
La Procura di Milano ha trasformato il fascicolo sulla ex Ilva da conoscitivo a penale. I pm Stefano Civardi e Maurizio Clerici ha iscritto i reati: false comunicazioni al mercato e sociali. Gli inquirenti si stanno orientando anche su reati fallimentari. In un primo momento si era parlato anche di illeciti tributari e su possibili reati pre-fallimentari, con un focus sul mancato pagamento dei creditori dell’indotto. L’inchiesta, formalmente a carico di ignoti, ha ora un oggetto di indagine molto preciso. Filoni questi che si aggiungono a verifiche su presunte appropriazioni indebite di materiale relativo al magazzino di materie prime. Inquirenti e investigatori milanesi hanno già iniziato ad ascoltare oggi le prime persone informate sui fatti. Il procuratore capo Francesco Greco ha anche incontrato anche uno dei commissari dell’Ilva e in mattinata in procura ci sono state riunioni tra pm e investigatori.
Le ditte dell’indotto la scorsa settimana aveva messo in mora la multinazionale dell’acciaio intimando di saldare entro venerdì oltre 5 milioni di fatture scadute per prestazioni e servizi forniti negli scorsi mesi. Se si aggiungono le fatture in scadenza, il monte dei crediti si aggira attorno ai 50-60 milioni di euro, motivo per cui in mattinata le ditte sono in presidio – assieme agli autotrasportatori – davanti ai cancelli d’ingresso dell’acciaieria di Taranto.
Il procuratore aggiunto Maurizio Romanelli e i pm Stefano Civardi e Mauro Clerici – che scovarono il “tesoretto” dei Riva in un trust sull’isola di Jersey – hanno aperto un fascicolo venerdì incentrato principalmente sulla questione finanziaria e delegato il Nucleo di Polizia economico-finanziaria della Guardia di finanza per gli accertamenti preliminari. La decisione è giunta ravvisando un “preminente interesse pubblico relativo alla difesa dei livelli occupazionali, alle necessità economico-produttive del Paese, agli obblighi del processo di risanamento ambientale”. Oltre a questo, secondo quanto riferito in ambienti giudiziari, le indagini puntano ad accertare la regolarità o meno nei rapporti economici e contrattuali e se siano state poste in essere condotte che abbiano causato l’eventuale depauperamento del ramo d’azienda.
Filoni che si intrecciano con quanto denunciato in un esposto dai commissari di Ilva in amministrazione straordinaria alla procura di Taranto. Nelle 18 pagine firmate dai commissari Francesco Ardito, Alessandro Danovi e Antonio Lupo e dall’avvocato Angelo Loreto che sta seguendo la vicenda, sono diverse le questioni segnalate. Una delle questioni principali trattate riguarderebbe proprio il fermo degli impianti: per i commissari, infatti, spegnerli avrebbe due conseguenze. La prima è che ArcelorMittal – oggi affittuario – mancherebbe a un impegno contrattuale che è quello di restituire la fabbrica di Taranto nelle condizioni in cui l’ha trovata e quindi con gli impianti “in marcia”: a questo deve essere aggiunto un dettaglio non trascurabile e cioè che se fosse confermato lo spegnimento i danni sarebbero tali da richiedere non solo molto tempo, ma soprattutto una spesa che secondo le prime stime necessiterebbe decine di milioni di euro.
A ciò si aggiunge il sospetto che ArcelorMittal possa aver comprato materie prime a prezzi gonfiati e venduto tonnellate di prodotti finiti a prezzi bassi a società estere del gruppo. In tutto questo si potrebbe sostanziare, secondo quanto riportato nell’esposto, un danneggiamento dell’economia nazionale riferito in particolare lo spegnimento degli impianti dell’Ilva che sono considerati “strategici” per legge. Il procuratore di Taranto Carlo Maria Capristo e l’aggiunto Maurizio Carbone, insieme al pm Mariano Buccoliero, ipotizzano i reati di distruzione di mezzi di produzione e appropriazione indebita. In giornata hanno consegnato la delega ai finanzieri e nei prossimi giorni potrebbero acquisire materiale nell’acciaieria e nella sede di ArcelorMittal. Un primo passo in un’inchiesta che i magistrati vogliono portare avanti in maniera spedita. Un’altra delega di indagine verrà conferita ai carabinieri del Noe e ai militari dell’Arma che si occupano della sicurezza sui luoghi di lavoro.
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Politica
Tajani: “L’Italia non userà fondi di coesione per comprare armi”. Si spacca il Pd: chi sta con Schlein
Roma, 6 mar. (Adnkronos) - "In un mutato e minaccioso quadro internazionale, il piano Ue per la difesa è per i Socialisti e Democratici europei un primo importante passo per assicurare il necessario sostegno all’Ucraina e la sicurezza dei nostri cittadini. A Bruxelles siamo al lavoro perché dal Parlamento venga una spinta forte nella direzione della condivisione e del coordinamento degli investimenti, verso una vera difesa comune europea". Lo scrive sui social l'eurodeputato Pd, Giorgio Gori.
Roma, 6 mar. (Adnkronos) - "La linea del Partito Socialista Europeo è chiara, netta ed inequivocabile: il ReArm Europe è un atto iniziale importante per la creazione di una difesa comune europea". Lo scrive la vicepresidente del Parlamento Ue, Pina Picierno del Pd, sui social.
"Non c’è nessuna rincorsa bellicista, nessuna distruzione del welfare e di quanto con fatica abbiamo costruito dopo la pandemia ma solo la necessità di rendere più sicuro il nostro continente e le nostre democrazie. Cosi come fu per il NextGenerationEu siamo davanti ad una svolta storica per l’Unione Europea che punterà su indipendenza strategica, acquisti comuni e innovazione".
Roma, 6 mar. (Adnkronos) - “Per la difesa europea servono investimenti comuni in sicurezza, una sola politica estera, economia forte e società coesa, serve un vero salto di qualità verso gli Stati Uniti d’Europa. Di fronte alle minacce che si profilano bisogna sostenere le nostre capacità di difesa nel modo più credibile, senza frammentare le spese tra gli Stati e neanche dando ancora soldi all’America come vorrebbe Trump. Il punto di vista portato dalla segretaria Schlein al vertice del Pse è stato ascoltato ed è positivo l’accordo dei socialisti europei sui fondi di coesione. Il Pd indica una strada di fermezza, consapevolezza e responsabilità sociale, senza farsi distrarre da alcun richiamo”. Lo dichiara Debora Serracchiani, componente della segreteria nazionale del Partito democratico.
Roma, 6 mar. (Adnkronos) - "Decidere maggiori investimenti per rendere più sicuro e protetto il nostro continente è una scelta non più rinviabile. La difesa europea è un pilastro fondamentale della nostra autonomia strategica. Non possiamo avere tentennamenti su questo obiettivo. La discussione non è sul se, ma sul come arrivarci". Così Alessandro Alfieri, capogruppo Pd in commissione Esteri e Difesa a Palazzo Madama.
"In questi giorni i nostri a Bruxelles stanno facendo un lavoro prezioso per evitare che si utilizzino i fondi di coesione per finanziare spese militari e per incentivare, attraverso gli strumenti europei vecchi e nuovi, le collaborazioni industriali e gli acquisti comuni fra Paesi Europei, l’interoperabilità dei sistemi e i programmi sugli abilitanti strategici (spazio, cyber, difesa aerea, trasporto strategico). In questo quadro, va salutato positivamente che dopo il Next Generation si consolidi l’idea di emettere debito comune per finanziare un bene pubblico europeo come la difesa".
"Anche perché sarà per noi meno complicato continuare la nostra battaglia per estenderlo agli altri pilastri dell’autonomia strategica, a partire dalle politiche per accompagnare la transizione ecologica e digitale. Un passo importante quindi, come sottolineato dal nostro gruppo a Bruxelles, a cui certamente ne dovranno seguire altri se si vuole davvero rafforzare la nostra difesa comune”.
Roma, 6 mar. (Adnkronos) - "L’Unione Europea si trova a un bivio: o si presenta unita o rischia la marginalità politica. La guerra in Ucraina, e l’attuale voltafaccia americano, hanno reso evidente l’urgenza di una politica di difesa comune che non può essere frenata dagli interessi delle singole nazioni". Così l'eurodeputato Pd, Pierfrancesco Maran. "Una Difesa progressivamente comune perché, agendo come 27 eserciti nazionali, rischiamo l’impotenza".
"Oggi è necessario un passaggio di fase che aumenti gli investimenti volti a garantire una deterrenza da nuova aggressioni russe dopo il disimpegno americano ma anche a rendere più omogenea la difesa europea, con forniture simili, riducendo le duplicazioni di spese tra paesi e le inefficienze. L’Unione Europea deve dotarsi di una propria architettura di sicurezza, capace di garantire responsività e affermarsi come attore decisivo nello scenario internazionale".
"L’iniziativa della presidente della Commissione Europea, Ursula von der Leyen, al di là del nome infelice 'RearmEU', è un primo passo in questa direzione. Va tuttavia integrata e sviluppata identificando con chiarezza quali sono le linee di spesa utilizzate, in che modo questo aiuto può supportare immediatamente l’Ucraina, come si intende sostenere una crescente produzione industriale europea nell’ottica di arrivare ad una vera interoperabilità e difesa comune".
Roma, 6 mar (Adnkronos) - "Penso che sia l’ennesimo episodio di antisemitismo che vuole legare la guerra in Medio oriente all’insulto alla memoria della Shoah. È terribile". Lo dice all'Adnkronos il segretario di Sinistra per Israele Emanuele Fiano a proposito del ritrovamento nel cantiere del museo della Shoah a Roma di escrementi, una testa di maiale e scritte che ricordano i morti a Gaza oltre ad alcuni volantini pro Palestina sono. Sull'episodio indaga la Digos.
Roma, 6 mar (Adnkronos) - "La sinistra". Lo scrive su Twitter il senatore del Pd Filippo Sensi rilanciando un post di Pedro Sanchez in cui, a margine del Consiglio europeo straordinario, il premier spagnolo tra l'altro dice: "Oggi dobbiamo mandare un messaggio chiaro ai cittadini: l’Europa è molto più potente di quanto pensiamo. Nessuno minaccerà la nostra pace, la nostra sicurezza o la nostra prosperità".