La presenza delle navi delle ong in mare non aumenta le partenze dalla Libia. I principali “pull-factor”, ossia fattori “attrattivi”, sono invece le condizioni meteo (favorevoli o meno alla traversata del Mediterraneo) e le politiche del governo Renzi, quando Marco Minniti era ministro dell’Interno. È infatti a causa del Memorandum of Understanding firmato dall’Italia con il governo di Tripoli sostenuto dalle Nazioni Unite se c’è stato il “contenimento a terra” dei migranti. Tra aprile e maggio 2019, in particolare, le partenze sono state vicine allo zero.
È il risultato di “Ong di salvataggio in mare: un pull-factor per l’immigrazine irregolare?”, studio curato per lo European University Institute di Firenze dai ricercatori Eugenio Cusumano (università di Leiden) e Matteo Villa (Ispi – Istituto studi politici internazionali). I dati su cui si costruisce la ricerca provengono dalle agenzie dell’Onu che si occupano di migranti, Oim e Unhcr, elaborati con i dati di Guardia costiera e Frontex, a partire dal 2014. L’elemento più evidente è il ruolo sempre maggiore della Guardia costiera libica: dalla totale inesistenza nel 2014 a oltre il 60% dei salvataggi nel 2019. Le ong invece sono state particolarmente presenti in mare nel 2015, anno in cui hanno gestito il 13% dei salvataggi, senza però arrivare a segnare un record nel numero di partenze (maggiori sia nel 2014 sia nel 2016). Il passaggio netto si vede nel momento in cui Italia e Libia hanno firmato il loro accordo, con il quale si è giunti a circa 96mila partenze in meno tra il 2017 e il 2018.
Dal punto di vista statistico, non c’è alcuna differenza nel numero di partenze giornaliere se le ong sono o non sono in mare. Senza ong, in media partono 53 persone al giorno (con una forbice che va tra i 45 e i 61), con le ong in media sono 49 (con una forbice che va da 36 a 61). Guardando l’andamento annuale, fine luglio 2019 è stato uno dei momenti più caldi dell’anno, con oltre 800 partenze tra il 24 e il 26 luglio. Eppure in mare non c’era nessuna ong e le operazioni sono state condotte e coordinate dalla Guardia costiera libica. Il 26 luglio è il giorno di quello che finora è stato il peggior naufragio dell’anno, con 150 morti a largo di Al Khoms, parte ovest della Libia. “Le morti continuano ad aumentare, il tasso di mortalità non può che salire. Non ci sono sistemi di salvataggio nel Mediterraneo e continuano le partenze a riprova che il pull factor, il fattore di attrazione da parte delle ong non esiste”, commentava nell’occasione la portavoce dell’Alto commissariato per i rifugiati Carlotta Sami a Internazionale.
La ricerca ricorda le direttrici, eccessivamente semplicistiche, su cui si costruisce il dibattito sulle partenze in mare oggi. Da un lato i push factor, ossia i fattori negativi (dalla guerra alle condizioni economiche) che spingono l’emigrazione. Dall’altro i pull-factor, ovvero quei fattori positivi che attraggono. Diverse teorie criticano questo lessico e questo approccio, concentrandosi su elementi più di sistema, come le reti di relazioni che esistono tra migranti.
Lo studio di Cusumano e Villa rimanda al rapporto conclusivo della Commissione permanente sul contributo dei militari italiani al controllo dei flussi migratori nel Mediterraneo e l’impatto delle attività delle organizzazioni non governative guidata da Nicola Latorre nel 2017. Il momento in cui la teoria del pull factor è entrata in Parlamento: il direttore di Frontex, Fabrice Leggeri, e il procuratore capo di Catania, Carmelo Zuccaro, “hanno fatto riferimento a un operato non del tutto trasparente di alcune organizzazioni non governative, nonché a elementi (tra cui figurano le testimonianze degli stessi migranti, che riferiscono di telefoni cellulari dati loro dagli scafisti con sopra memorizzati i recapiti delle Ong), che sembrerebbero dare corpo quanto meno all’ipotesi che vedrebbe la presenza delle organizzazioni non governative a ridosso delle acque libiche come ‘fattore di attrazione’ (cosiddetto pull factor) del fenomeno migratorio ovvero incentivo per i trafficanti a organizzare le partenze”. È stato allora che è si è diffusa la vulgata secondo cui le ong erano in combutta con i trafficanti di uomini. Ad oggi nessuna indagine giudiziaria ha mai provato l’esistenza di questo nesso, nemmeno i numeri.