La sua battaglia è diventata virale in rete ed è arrivata sui giornali, in tv, fino all’Università e al Ministero dell’Istruzione. E ora Erika Borellini ce l’ha fatta: potrà iscriversi alla magistrale di Ingegneria elettronica perché ha ottenuto la deroga dal rettore Unimore Carlo Adolfo Porro, che l’ha incontrata e ha accolto la sua richiesta. Il problema era tutto contenuto nel regolamento della facoltà, che non permetteva alla studentessa di accedere alla specialistica perché si era laureata con 84/100, quando lo sbarramento è 85. Ma quel risultato è strettamente connesso a quello che Erika deve fare ogni giorno: la sua vita, oltre che dallo studio, è quotidianamente scandita dal suo lavoro di caregiver, cioè di assistenza nei confronti della mamma, colpita da un aneurisma cerebrale il 20 maggio del 2013. Il regolamento universitario prevede che agli studenti lavoratori vengano “concessi” due punti sotto lo sbarramento per accedere alla magistrale, ma al caregiver no, perché non è riconosciuto. A lui o lei, quindi, si applicano le regole che valgono per gli studenti non lavoratori. “In Italia la figura del caregiver familiare (7,3 milioni di persone, ndr) – aveva detto Erika a ilfattoquotidiano.it – non ha le giuste tutele legislative e non è riconosciuta a tutti gli effetti come un lavoro. Ci sono dei procedimenti in corso, ma comunque in nessuno viene posto il problema dei figli che studiano e devono accudire i loro genitori”.

Fioramonti: “La sua battaglia un valore per tutti i caregiver” – Il ministro dell’Istruzione è intervenuto con un post su Facebook per ringraziare Erika, che “ha permesso di fare della sua battaglia un valore per tutti i caregiver, ovvero di tutte quelle persone che dedicano gran parte del loro tempo alla cura di un familiare. Questa battaglia – ha continuato – è andata a buon fine anche grazie al Rettore dell’Università di Modena e Reggio Emilia, il prof. Carlo Adolfo Porro, che ha raccolto l’invito mio personale e del Miur a equiparare lo status di studente caregiver a quello di uno studente lavoratore. Oggi Erika può finalmente realizzare un sogno, quello di accedere al corso di laurea magistrale in Ingegneria Elettronica. Ma il suo è anche il riconoscimento di una legittima esigenza sociale. Un grande risultato che spero possa essere preso d’esempio da tutte le Università affinché, nel rispetto della loro autonomia, i caregiver siano considerati al pari degli studenti lavoratori“.

L’emendamento del Pd – E la richiesta di Erika di equiparare figure come lei a quelle degli studenti lavoratori approda anche in Parlamento: il deputato Pd Andrea Rossi ha infatti annunciato che “per conto del Gruppo del Partito Democratico, e in accordo con il Ministro Fioramonti, ho presentato un emendamento al decreto-legge recante “misure di straordinaria necessità ed urgenza in materia di reclutamento del personale scolastico e degli enti di ricerca e di abilitazione dei docenti”, finalizzato al riconoscimento dello status di studente lavoratore per tutti quei giovani che si occupano ogni giorno della salute di un proprio familiare, ai quali deve essere garantito il diritto allo studio, come a tutti gli altri studenti universitari lavoratori”. Rossi ha poi sottolineato che “il caregiver è una figura ancora poco tutelata nel nostro ordinamento, sebbene sia stata riconosciuta in Emilia-Romagna dalla L.R. 2/2014 e a livello nazionale dalla legge 205 del 2017. Ma gli studenti caregiver sono stati finora inascoltati. Per questo è necessaria una celere risposta da parte delle istituzioni, che confido possa arrivare con l’approvazione di questo emendamento. E’ solo un primo passo per il giusto riconoscimento del ruolo dei caregiver familiari all’interno dell’ordinamento italiano”.

Quanti sono i caregiver in Italia – Sono soprattutto donne, non più giovani e a rischio burnout: in Italia le persone che assistono un familiare anziano e spesso malato sono 7,3 milioni. Un esercito silenzioso che svolge un lavoro sociale importantissimo e da anni attende una legge che ne riconosca il ruolo. Circa la metà delle persone non autosufficienti sono assistite da un caregiver familiare, di cui 1 su 5 è ultrasessantenne e nell’85% dei casi è donna. In un terzo dei casi questo ruolo viene ricoperto con grande difficoltà a conciliarlo con la propria vita e gli impegni professionali. Il peso della responsabilità, inoltre, si ripercuote sulla salute fisica e psichica del caregiver, aumentando ansia e stress e portando a trascurare la propria salute, fino a sviluppare un vero e proprio esaurimento emotivo.

“Questo esercito silenzioso – spiega Nicoletta Orthmann, coordinatore medico-scientifico di Onda – ogni giorno e per anni, si prende cura dei nostri anziani non più autosufficienti. A titolo gratuito svolge un prezioso e faticoso lavoro, ad oggi non ancora riconosciuto né tutelato nel nostro Paese: non possiamo più permetterci di lasciarli soli”. Esiste un Fondo dedicato, istituito con la legge di bilancio 2018 per la copertura finanziaria di interventi legislativi finalizzati al riconoscimento del valore sociale ed economico dell’attività di cura non professionale del caregiver familiare. Di fatto, però, è inutilizzato poiché si attende l’iter parlamentare del testo unificato che raccoglie i 7 diversi disegni di legge presentati in Senato in materia. “L’obiettivo del testo Disposizioni per il riconoscimento e il sostegno del caregiver familiari è riconoscere questa attività dal punto di vista previdenziale, sanitario e assicurativo, ma anche garantire supporto psicologico. Ci auguriamo”, conclude Orthmann, “che venga approvato quanto prima”.

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