Secondo Confindustria, la misura “non ha finalità ambientali” e andrebbe a pesare troppo sui conti delle aziende. In realtà nella bozza è previsto, “ai fini del rafforzamento e dell’accelerazione della transizione verso un’economia circolare”, un incentivo sotto forma di credito d’imposta del 10% per le spese sostenute “per l’adeguamento tecnologico finalizzato alla produzione di manufatti biodegradabili e compostabili secondo lo standard europeo” e per la formazione dei dipendenti. Mineracqua, l’associazione di categoria delle aziende di imbottigliamento, dal canto suo ha paventato un aumento del 50% per il costo dell’acqua in bottiglie di plastica. Per Legambiente però le imprese potrebbero tranquillamente riassorbire i costi. “Le aziende che imbottigliano l’acqua pagano alle regioni canoni ridicoli – spiega Ciafani – e poi vendono le bottiglie a prezzi altissimi. Per intenderci, il massimo del canone versato in Italia è di 2 euro per mille litri. Quindi potrebbero tranquillamente riassorbire la spesa della plastic tax, senza che questa ricada sul cittadino”.
In ogni caso, anche se il costo alla fine ricadesse sul consumatore, che potrebbe comunque scegliere di acquistare acque con imballaggi già in linea con le direttive, l’impatto sarebbe minimo. Come ha ricordato il ministro per il sud, Giuseppe Provenzano, l’aumento sarebbe di “quattro o cinque centesimi a bottiglia”. In media, infatti, una bottiglia d’acqua da un litro e mezzo pesa circa 40 grammi. Essendo quindi un euro di tassa per ogni chilogrammo di plastica, il costo, alla fine, sarebbe di 4 centesimi per una bottiglia. In pratica, se si considera una bottiglia d’acqua al giorno a testa, ogni persona pagherebbe 28 centesimi a settimana, cioè 14 euro l’anno.

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