No alla cancellazione dell’ergastolo per Cesare Battisti. Lo ha deciso la Corte di Cassazione che ha dichiarato oggi inammissibile il ricorso proposto dall’ex terrorista contro l’ordinanza con cui, il 17 maggio scorso, la Corte di assise di appello di Milano aveva negato la commutazione della pena dell’ergastolo in quella di trent’anni di reclusione. Battisti, ex membro dei Pac (i Proletari Armati per il Comunismo) era stato arrestato a gennaio in Bolivia
e consegnato all’Italia per espiare una condanna per 4 omicidi commessi 40 anni fa dopo 37 anni di latitanza. “Noi siamo una famiglia in attesa, vediamo cosa succederà in futuro” si limita a dire all’AdnKronos il nipote di Battisti, Antonio. “Questa decisione – aggiunge – preferisco non commentarla. Noi continuiamo ad andare a trovarlo in carcere. E’ abbastanza sereno, continua a fare quello che ha sempre fatto: scrive romanzi“.
In particolare secondo l’avvocato di Battisti Davide Steccanella nei confronti dell’ex terrorista – anche se l’arresto avvenne in Bolivia – andava applicata la procedura di estradizione dal Brasile che si è conclusa e perfezionata dal 14 dicembre 2018 e che prevede che la pena da espiare non sia il carcere a vita anche in forza di un accordo tra l’Italia e il Paese sudamericano (firmato nel 2017 dall’allora ministro della Giustizia Andrea Orlando e l’omologo brasiliano del governo di Michel Temer). In più secondo il legale Battisti fu espulso dalla Bolivia senza il rispetto delle norme internazionali e senza le adeguate garanzie.
Tutti elementi respinti dalla Corte d’appello di Milano e ora definitivamente alla Corte di Cassazione. I giudici di appello peraltro avevano confermato che Battisti dovrà scontare l’ergastolo anche se, a tempo debito e dopo un concreto percorso di rieducazione, potrà godere dei benefici penitenziari.