Julian Assange non è più indagato per stupro in Svezia. La procura comunica di avere archiviato l’indagine per un’accusa risalente al 2010, pur precisando che reputa “credibile” la denuncia presentata. Il fondatore di Wikileaks, attualmente nel carcere di Belmarsh a Londra, ha sempre negato le accuse. La vice capa procuratrice, Eva-Marie Persson, ha spiegato che “tutti gli atti dell’inchiesta sono stati compiuti, ma senza apportare le prove necessarie“. Con la fine dell’indagine, cade anche la possibilità per la Svezia di richiedere l’estradizione dal Regno Unito, tramite un mandato d’arresto europeo. Resta in piedi quindi solo la richiesta di estrazione degli Stati Uniti che accusano Assange di aver diffuso documenti riservati: a Washington sul fondatore di Wikileaks pesano 18 capi d’accusa e il totale delle pene legate a tutte queste accuse è di circa 175 anni di carcere.
Nel maggio scorso la stessa procura svedese aveva chiesto l’arresto per Assange con l’accusa di violenza sessuale, dopo aver riaperto un caso archiviato nel 2017. La mossa dei pm arrivava un mese dopo l’arresto da parte delle autorità britanniche: l’11 aprile era terminato il lungo asilo di Assange nell’ambasciata dell’Ecuador a Londra. A luglio il segretario di Stato Usa, Mike Pompeo, aveva assicurato che Assange verrà processato negli Stati Uniti.
La decisione finale del Regno Unito si basa tutta sul rischio, anche solo ipotetico, che Assange possa essere condannato a morte. La maggior parte delle accuse è relativa all’ottenimento e alla diffusione di informazioni classificate da parte di Wikileaks, che nel 2010 pubblicò centinaia di migliaia di documenti militari e diplomatici. E la giustizia federale americana potrebbe autorizzatre la pena marziale anche per il reato di spionaggio, Ma anche il governo dell’Ecuador ha assicurato che, nel momento in cui ha ritirato l’asilo all’australiano, ha ricevuto garanzie scritte da Londra secondo cui Assange non verrà estradato in un Paese in cui potrebbe subire torture o essere condannato a morte.