Sono passati un po’ di giorni dalla bomba, dall’incendio alla libreria La Pecora Elettrica di Centocelle. Libreria già colpita nella scorsa primavera da un attentato. Dopo quasi 100 anni dalla nascita del fascismo, si bruciano ancora libri, in Italia, nella capitale, nel 2019.
Faccio il libraio nell’area nord di Napoli, tra Scampia e Melito, tra il clan Di Lauro e il clan degli Scissionisti, non una zona facile. In questi due anni di presidio culturale permanente ho capito un po’ di cose. Ho capito che le librerie vecchio stampo, le librerie market, le librerie piene zeppe di libri non servono più, soprattutto in periferia. Oggi in questi territorio servono innanzitutto porte aperte, luoghi di incontro, tetti per l’inverno, piazze al coperto.
Hanno bruciato La Pecora Elettrica non perché hanno paura di questo oggetto rettangolare di difficile comprensione per molti, che è il libro; hanno bruciato La Pecora Elettrica perché fanno paura i luoghi di aggregazione, dove c’è gente che si scambia idee, dove c’è gente che cresce, dove c’è gente che modifica il proprio pensiero perché incontra il diverso, incontra altri mondi. Fanno paura i luoghi che spaccano le omologazioni, che suggeriscono vie alternativa ai pensieri standard. Fanno paura i luoghi affollati, i luoghi vissuti, i luoghi dove le mafie e i fascismi non sono graditi, i luoghi dove le mafie e fascismi non hanno più spazio, dove le idee mafiose e fasciste vengono smontate pezzo dopo pezzo.
Oggi questo dovrebbe essere innanzitutto una libreria: un presidio di legalità antifascista e La Pecora Elettrica lo è a tutti gli effetti. Sarà la magistratura ad accertare mandanti ed esecutori di queste barbare azioni, ma sono convinto che La Pecora Elettrica possa essere nella sua difficoltà un punto di partenza su cui ragionare, riflettere. Oggi hanno senso le librerie in periferia? Se sì, in che modo vanno costruite? Chi è il target di riferimento? Come possono resistere commercialmente parlando? Come si avvicinano giovani, spesso disagiati delle periferie, alla letteratura?
Sono solo alcuni spunti su cui riflettere e chiedersi se il libro sia il mezzo o il fine per portare le periferie in libreria. Una cosa è certa: davanti a queste azioni squadriste non bisogna abbassare la guardia, non bisogna continuare a dire che sono episodi isolati. C’è un pezzo del paese incattivito che utilizza la violenza verbale, social e fisica per affermarsi, per farsi ascoltare, per marcare il territorio. Al di là delle passerelle elettorali e degli articoli di giornale come questo, che serviranno a ben poco, se davvero volete dare una mano a questi spazi di resistenza dovete andarci, dovete frequentarli, animarli, viverli, organizzare incontri e dibattiti.
Le immagini dei libri bruciati spaccano sempre il cuore, soprattutto di chi, come me, tocca, legge e maneggia libri tutti i giorni, ma sono sempre più convinto che il vero sostegno ai ragazzi della libreria di Centocelle vada dato non tanto in termini economici (i soldi si trovano, quando si è motivati) ma in termini emotivi. Bisognerà parlare di loro quando i riflettori si spegneranno, bisognerà comprare libri da loro quando non ci saranno più le telecamere, quando non sarà più figo selfarsi davanti a carta bruciata.
Oggi non abbiamo bisogno di “Io c’ero”, oggi La Pecora Elettrica ha bisogno di tanti “Io ci sarò”. Ha bisogno di un patto coi lettori. So che i momenti bui sono tanti in libreria, poche vendite, poca gente, poca motivazione, tante volte ci si chiede: “Ma chi me lo fa fare?”. A chi sceglie un mestiere come questo, poco redditizio, precario, senza sostegni statali, a loro, a questi partigiani culturali moderni, dobbiamo dire: grazie! Perché le librerie che animano non sono esercizi commerciali, sono case del popolo, oratori, centri sociali, bar, sono aggregazione allo stato puro, luoghi off line.
Vorrei vedere post su Facebook dedicati a La Pecora Elettrica a gennaio, dopo Natale, dopo i regali, vorrei vedere le masse quando veramente ce ne sarà bisogno. Da Scampia, dall’Area Nord di Napoli, dalla Scugnizzeria, il nostro ciuccio volante risponde sempre presente al belato elettrico della pecora più testarda d’Italia.