Dare del “terrone” a un arbitro e inveire contro bambini che giocano a calcio può costare caro. Soprattutto se a farlo è l’allenatore di una squadra di giovanissimi, con un comportamento nient’affatto edificante che ha scandalizzato anche i genitori presenti all’incontro. Il protagonista delle intemperanze, che sono avvenute sabato 9 novembre su un campetto nella provincia di Pordenone, ha ricevuto un Daspo dal questore Marco Odorisio, che gli inibisce l’accesso alla stadio per un anno. Il provvedimento è stato notificato da agenti della divisione anticrimine della Questura al 42enne che allena una squadra di ragazzi che disputa il campionato federale di categoria Esordienti.
È stato un articolo di giornale a rendere pubblico, l’11 novembre, che cosa era accaduto due giorni prima, un sabato pomeriggio, durante la partita. Si tratta di “gravi episodi che avevano fatto indignare e sdegnare gli stessi genitori dei giovanissimi atleti”, sintetizza la questura. Gli agenti della Digos avevano interrogato alcune persone presenti e avevano ricostruito i fatti. L’allenatore “reiterava numerose condotte verbalmente e materialmente violente, indirizzate sia verso i giovanissimi calciatori in campo che a quelli in panchina. Nel culmine di un’azione di gioco, rivolgendosi ai propri calciatori seduti in panchina, esternava una frase con ‘discriminazione territoriale’ nei confronti dell’arbitro”. Un giro di parole per far capire che gli aveva dato del “terrone”.
La decisione di applicare il Daspo è stata presa alla luce della Legge 481/89 che disciplina partecipazione e comportamenti durante le manifestazioni sportive. “Le condotte accertate – dichiara il questore Odorisio – oltre ad essere verbalmente e materialmente violente e caratterizzate da una consapevole impronta di ‘discriminazione territoriale’, assumono ancor più particolare rilievo negativo, soprattutto in considerazione del fatto che sono avvenute alla presenza e rivolte a bambini di 11 anni”. E commenta: “Non è certamente edificante che chi dovrebbe avere il compito di assolvere alle funzioni di educatore, insegnando il rispetto delle regole attraverso l’attività sportiva, si trasformi, invece, in un esempio diseducativo, che non si concilia con le aspettative di giovani adolescenti che identificano nell’allenatore di calcio un modello positivo da imitare”.