La crisi del modello neoliberista è evidente su scala planetaria. Tale modello produce in modo incessante e crescente devastazioni ambientali e sociali, corruzione sistematica e generalizzata e attacchi alla democrazia in ogni sua forma. In Italia abbiamo due esempi eclatanti della crisi di questo modello: Venezia e Taranto.

La prima, ineguagliabile gioiello del patrimonio storico, artistico e culturale nazionale e internazionale, rischia oggi di soccombere sotto i colpi congiunti del riscaldamento globale che determina l’aumento del livello delle acque e delle scelte a dir poco scellerate di una classe “dirigente”, prevalentemente di centrodestra, che ha ispirato ogni sua decisione al criterio del profitto proprio (mediante tangenti e altre regalie almeno in parte venute a galla finora) e delle imprese beneficatrici e beneficate.

Parliamo quindi del dispendiosissimo Mose, dichiarato oggi, prima ancora di entrare in funzione, inutile se non dannoso dalla migliore dottrina scientifica e dall’esperienza di altre città. Parliamo delle grandi navi e dei canali necessari per permetterne il passaggio: opere pubbliche decisamente dannose cui si è dedicata da ultimo – anima e corpo – la giunta guidata dal sindaco Luigi Brugnaro.

Quanto a Taranto, la scelta dell’industrializzazione selvaggia, sotto il cappello del capitale pubblico mediante Italsider, non è mai stata corretta e risanata nonostante siano trascorsi oramai quasi 60 anni e i danni ambientali e sanitari della fabbrica fossero emersi già cinque anni dopo la posa della prima pietra. Oggi che la produzione dell’acciaio è divenuta meno importante per effetto delle trasformazioni tecnologiche, la popolazione di Taranto è costretta a scegliere tra i posti di lavoro e la vita dei suoi figli, mentre i governi che si sono succeduti negli ultimi anni si sono aggirati pateticamente col cappello in mano negli angusti e scivolosi corridoi del capitalismo internazionale, ricavandone come ovvio solo pernacchie e prese in giro oltraggiose.

In comune Venezia e Taranto hanno un elemento in negativo e cioè l’assenza di uno Stato e di un governo degni di questo nome. Stato e governo, inteso come capacità di governare, che in Italia come altrove sono stati in buona misura smantellati e posti nell’impossibilità di operare anche mediante la riduzione delle risorse finanziarie a disposizione per effetto dell’evasione fiscale, ma anche della ristrutturazione anticostituzionale del sistema delle aliquote fiscali. Si vedono qui gli effetti deleteri dell’ideologia neoliberista condivisa negli ultimi decenni da centrodestra e centrosinistra con scellerataggine e servilismo nei confronti del capitale del tutto bipartisan.

La vera svolta da operare per salvare Venezia, Taranto e l’Italia tutta risiede proprio nel rovesciamento di questa impostazione distruttiva e nella restituzione allo Stato e al pubblico di un ruolo dirigente da esercitare nel bene comune, a scapito delle voglie private di profitto che minano i diritti di tutti, anche mediante infiltrazioni a carattere corruttivo e anche mafioso. Ruolo dirigente oggi tanto più necessario date le urgenze di carattere ambientale, che richiedono una totale riconversione dell’economia e della società.

Ma, paradossalmente, di questo non si parla e il penoso dibattito politico nazionale oscilla tra il piccolo cabotaggio del Conte bis e le velleità di una destra pericolosa, che ambisce a costruire il proprio consenso sulle paranoie (anche di stampo razzista dei singoli) e a mascherare la perpetuazione definitiva della negazione di ogni ruolo dello Stato che non sia la pura repressione, in significativa carica simbiotica con i poteri forti di ogni genere che infestano da sempre questo nostro disgraziato Paese.

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