“Amo la comicità in modo viscerale, ma fare questo lavoro è diventato sempre più difficile perché la realtà supera ogni forma di immaginazione. Per quanto sia sopra le righe, Cetto è ormai un moderato e questo mi spaventa”. Parola di Antonio Albanese che, a distanza di sette anni, torna a vestire i panni di Cetto La Qualunque. Si tratta del terzo capitolo della saga dedicata al simbolo dei politici ciarlatani e corrotti, Cetto C’è senza dubbiamente, che come i suoi due predecessori Qualunquemente (2011) e Tutto tutto niente niente (2012), è diretto da Giulio Mafredonia.
“Ogni volta che lo interpreto a teatro mi vergogno come una bestia- racconta Albanese-. Ognuna di queste caratteristiche mi provoca il torcicollo spasmodico, una forma di esaurimento rara e molto pericolosa. Sono tutti aspetti che odio profondamente, ma ho sentito il bisogno di esaltarli e il desiderio di mostrare questa mostruosità che continua purtroppo a convivere con noi. Il personaggio è nato un giorno in cui durante una tribuna politica ho visto un candidato tirare fuori una foto della moglie dell’avversario e urlare ‘questa è una bottana, non potete votare questo cornuto’. Non è un caso che Cetto è sempre più attuale: lui è una sorta di esempio di quello che non si deve essere”.