di Vera Cuzzocrea*
E’ attualmente in attesa di conclusione l’iter normativo della nuova proposta di legge (A.C. 1524) sul bullismo dopo l’esame della Commissione Giustizia della Camera.
Innanzitutto il bullismo non diventa un reato, non viene cioè introdotta una nuova fattispecie ma integrata quella già esistente degli atti persecutori con l’inserimento di alcune azioni che meglio connotano la condotta: il diffamare, l’umiliare e l’emarginare, con una considerazione, già presente, della dimensione relazionale. Non sono cambiati i confini dell’imputabilità: è responsabile penalmente chiunque in grado di comprendere e autodeterminarsi sopra i 18 anni, nessuno al di sotto dei 14, da valutare coloro che hanno tra i 14 e i 18 anni.
Sembra invece potenziato lo sguardo a un approccio riparativo per intervenire su questo fenomeno le cui caratteristiche, sia nella sua forma tradizionale che in quella elettronica, erano state ben riassunte dal Miur nella Direttiva n. 16 del 2007: l’intenzionalità; la dimensione gruppale che vede nella maggioranza silenziosa non solo un aspetto distintivo ma anche il focus degli interventi da attuare; l’asimmetria di potere sia nelle forme dirette (aggressività fisica o verbale) come in quelle indirette (ad esempio l’esclusione dal gruppo dei pari e il denigrare); la continuità e persistenza nel tempo.
Successivamente, la legge n. 71 del 2017 interviene in modo specifico sul cyberbullismo: dall’oscuramento/rimozione del materiale offensivo online (su richiesta diretta delle vittime sotto i 14 anni e dei loro genitori) alla prevenzione – con un ruolo attivo della polizia postale – al monitoraggio, con l’istituzione di un tavolo tecnico, di cui però non si ha notizia circa gli esiti.
Quali novità? Nella nuova norma sembra rafforzato il riconoscimento della scuola quale luogo privilegiato degli interventi, in quanto terminale in cui nascono le diverse forme di bullismo e convergono dinamiche che riflettono una più ampia problematicità sociale. Di contro, la famiglia viene chiamata a recuperare la sua responsabilità educativa, non solo per garantire la frequenza dei figli e delle figlie all’offerta formativa (è previsto un aumento dell’ammenda in caso di inosservanza dell’obbligo di istruzione), ma anche per non disimpegnarsi di fronte ad un’eventuale condotta prevaricatoria agita dagli stessi.
Buona in tal senso l’attenzione al sostegno delle capacità genitoriali, pur non essendo chiaro il percorso procedurale attraverso cui costruire l’intervento, al fine di potenziarne la valenza costruttiva evitando che venga vissuto in modo criminalizzante. Nulla cambia nei casi di pregiudizio dove è già previsto il collocamento in comunità; andrebbero forse però specificate meglio le traiettorie di rischio e i criteri di valutazione da fornire alle scuole per meglio orientarsi.
Bene anche la previsione di strumenti di rilevazione e di percorsi educativi in materia di intelligenza emotiva per potenziare la capacità proattiva di riconoscere e gestire i vissuti in un’ottica pro-sociale. La prospettiva, condivisa, sembra quella di intervenire sulle vulnerabilità potenziando al contempo le strategie di coping.
Nella legge appare sensato anche il ruolo dei servizi socio-sanitari che, nei casi ritenuti più gravi, sono attivati (insieme alle procure minorili) con l’obiettivo di predisporre percorsi personalizzati per l’assistenza psicologica delle vittime e per l’accompagnamento rieducativo di chi è responsabile.
Ma quale impegno delle Regioni e dei Comuni? E’ necessario che i servizi vengano messi nella condizione di poter effettivamente operare in questa direzione ricevendo l’adeguata dotazione, attualmente mancante, di strumenti formativi e operativi e di risorse in organico (psicologi e psicoterapeuti nei Tsmree – Tutela della salute mentale e Riabilitazione in età evolutiva – e nei consultori familiari).
Con particolare riferimento alle vittime e alle famiglie, per fornire loro un’accoglienza psicologica e legale, è promosso l’utilizzo della linea telefonica gratuita 114, un servizio pubblico della presidenza del Consiglio dei ministri gestito da Telefono Azzurro, già operativo dal 2003 e capace di fornire anche in emergenza un ascolto e un’attivazione competente delle risorse disponibili.
La legge fa infine riferimento all’implementazione di azioni formative: peccato per il mancato riferimento alla funzione psicologica quale supporto necessario ad esempio in un’ottica di supervisione ed empowerment nel rafforzare il saper fare, il saper essere di insegnanti e genitori nella rilevazione precoce delle condotte prevaricatorie, e i rischi di vittimizzazione e loro superamento in un’ottica promozionale di benessere individuale e collettivo.
*psicologa giuridica e psicoterapeuta