“Il fatto che una donna come Liliana Segre, deportata ad Auschwitz nel 1944 all’età di 13 anni, dopo esser estata respinta dalla Svizzera con la sua famiglia, sopravvissuta al campo con altri 24 bambini sui 776 bimbi italiani ivi deportati, abbia bisogno della scorta per continui attacchi e minacce, è una vera vergogna!”. Le parole di monsignor Ambrogio Spreafico, presidente della Commissione episcopale per l’ecumenismo e il dialogo interreligioso e vescovo di Frosinone-Veroli-Ferentino, non possono lasciare indifferenti. Sono un vero e proprio grido d’allarme per ciò che sta avvenendo sotto gli occhi di tutti. Spesso con la tentazione di guardare da un’altra parte o, peggio ancora, di diventare complici di tali atti a dir poco meschini.
Per il presule “occorre rinnovare l’impegno per contrastare questo clima, perché l’odio e il rancore sembrano avere a volte il sopravvento nella quotidianità, nelle parole che si dicono e in quelle che si scrivono online o sui muri, oppure sugli striscioni degli stadi. Forse dovremmo ricordare, con Papa Pio XI, che noi cristiani ‘siamo spiritualmente semiti’, perché la fede in Gesù Cristo si radica in quella dei patriarchi, di Mosè e dei profeti di Israele”.
Parole sulle quali meditare molto, anche perché ciò di cui è vittima la senatrice Segre è purtroppo il segno di un imbarbarimento razzista presente, fortunatamente in parte, nel nostro Paese. Come Papa Francesco ha opportunamente ricordato, quasi a commento di questa vergognosa vicenda, “il popolo ebraico ha sofferto tanto nella storia. È stato cacciato via, perseguitato… Nel secolo scorso abbiamo visto tante, tante brutalità che hanno fatto al popolo ebraico e tutti eravamo convinti che questo fosse finito. Ma oggi incomincia a rinascere qua, là, là, l’abitudine di perseguitare gli ebrei. Fratelli e sorelle, questo non è né umano né cristiano. Gli ebrei sono fratelli nostri!”.
Ne La vita è bella il premio Oscar Roberto Benigni è riuscito a raccontare in modo magistrale l’orrore di Auschwitz. Un orrore che non solo non va assolutamente dimenticato, ma che deve essere di perenne monito affinché non si ripetano mai più simili abomini umani. È drammatico, infatti, pensare che degli uomini abbiano potuto creare quei campi di concentramento per annientare milioni di persone, tra cui tanti bambini. Liliana Segre è tornata alla vita con le cicatrici impresse nella sua carne per sempre. Ma tantissimi purtroppo sono stati annientati.
Con questi orrori non si può giocare. Non si può assolutamente consentire, in una forma malata di revisionismo storico, che abbiano cittadinanza le idee razziste che sono state alla base di questo delitto contro l’umanità. È necessario che tutti, da chi ha la responsabilità politica al semplice cittadino, si ribellino con forza contro questo antisemitismo e contro ogni tipo di discriminazione razziale e di violenza. L’umanità non può tornare indietro senza fare tesoro di ciò che la storia recente, nemmeno un secolo fa, ci ha mostrato. L’orrore del nazismo. L’orrore dei campi di concentramento. L’orrore del razzismo.
Nella sua visita ad Auschwitz, nel 2006, Benedetto XVI pronunciò parole struggenti: “Quante domande ci si impongono in questo luogo! Sempre di nuovo emerge la domanda: Dove era Dio in quei giorni? Perché egli ha taciuto? Come poté tollerare questo eccesso di distruzione, questo trionfo del male? Ci vengono in mente le parole del Salmo 44, il lamento dell’Israele sofferente: ‘Tu ci hai abbattuti in un luogo di sciacalli e ci hai avvolti di ombre tenebrose… Per te siamo messi a morte, stimati come pecore da macello. Svegliati, perché dormi, Signore? Destati, non ci respingere per sempre! Perché nascondi il tuo volto, dimentichi la nostra miseria e oppressione? Poiché siamo prostrati nella polvere, il nostro corpo è steso a terra. Sorgi, vieni in nostro aiuto; salvaci per la tua misericordia!’. Questo grido d’angoscia che l’Israele sofferente eleva a Dio in periodi di estrema angustia, è al contempo il grido d’aiuto di tutti coloro che nel corso della storia – ieri, oggi e domani – soffrono per amor di Dio, per amor della verità e del bene; e ce ne sono molti, anche oggi”.