Tim cerca alleati per investire nella società della nuova rete in fibra. Promuove un processo di selezione, seguito dagli advisor Vitale&Co e Rothschild. E individua anche una serie di potenziali finanziatori come i fondi Ardian, Macquire, il fondo sovrano di Singapore Gic e quello di Abu Dhabi, Adia, oltre al fondo F2i, partecipato anche da Cdp sgr, e China investment corporation. Peccato però che la società della rete unica non esista ancora e che l’ex monopolista sia nel pieno di un braccio di ferro che riguarda non solo la valutazione della sua infrastruttura di rete, ma anche quella della rivale Open Fiber. E cioè l’azienda, controllata da Cassa Depositi e Prestiti e dall’Enel, che dovrebbe confluire nella futura società della rete assieme all’infrastruttura di Tim.

Tim punta a mantenere il controllo della redditizia infrastruttura di rete, un monopolio naturale che ha finora consentito alla società di macinare utili, in buona parte finiti nelle tasche dei soci, e non ha alcuna intenzione di rinunciare al vantaggio che deriva dall’essere l’ex monopolista di Stato e intende invece aumentarne la portata incorporando anche Open Fiber. Di qui l’idea del processo di selezione dei fondi che potrebbero aiutare il gruppo nel suo progetto. Una soluzione che ha studiato il numero uno Luigi Gubitosi per consentire a Tim di costruirsi un futuro e ripagare i debiti. Come infatti ha ribadito in un’intervista al Sole 24 Ore l’ex commissario Alitalia, in Tim “il debito è prioritario”. E del resto non potrebbe essere altrimenti: 24 miliardi netti pesano come un fardello non solo sull’ex monopolista, ma sul futuro tecnologico dell’intero Paese.

Non a caso, sin dall’inizio del suo mandato, Gubitosi ha messo a punto una strategia finalizzata ad abbattere il debito che è sostanzialmente in mano a grandi investitori. Gruppi bancari e dell’asset management, che gestiscono polizze assicurative, fondi pensione e di investimento. Ecco perché Gubitosi ha pensato bene di procedere rapidamente con le nozze fra le torri di Inwit e quelle di Vodafone. Ha poi anche avviato una nuova linea di business nel credito al consumo con Santander Consumer finance finalizzata a “gestire il credito di prodotti e servizi mobili e fissi tramite piani rateali”. Due operazioni che secondo quanto riferito da Gubitosi al Sole 24 Ore del 19 novembre serviranno ad abbattere il debito di circa 3 miliardi. Senza contare i vantaggi, non ancora quantificati, dell’intesa sul cloud raggiunta con Google.

Salvare Telecom dal suo debito è però una lotta contro il tempo perché più la rete diventa obsoleta, meno vale. Inoltre più la concorrenza aumenta con nuovi aggressivi rivali come Iliad, più la redditività scende. “Il fatturato del terzo trimestre 2019 è sceso più di quanto l’azienda si attendesse anche dopo aver rivisto al ribasso le stime, incrementando le perplessità di una stabilizzazione dei risultati a medio-termine – spiega la banca Goldman sachs in una nota datata 8 novembre 2019 – Il giro d’affari nel settore mobile è diminuito del 7,2% per via della progressiva perdita di clienti e del rallentamento; il fatturato del segmento fisso ha subito un impatto negativo del 5% tale da far perdere all’azienda il beneficio dei rialzi dei prezzi nella prima parte dell’anno. Saranno importanti i risultati del quarto trimestre e quelli attesi nel 2020 per rassicurare gli investitori sulle opportunità a medio termine per abbattere il debito”. Goldman Sachs saluta infine con favore la ritrovata sintonia fra i soci dopo gli scontri con Vivendi. Ma, a dispetto dell’ottimismo della banca legato sostanzialmente alla strategia di riduzione del debito, l’impressione è che il futuro di Tim e della futura rete in fibra del Paese siano ancora tutta da scrivere.

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