I deputati hanno 21 giorni di tempo per nominare un primo ministro. E' la prima volta nella storia del Paese. Senza precedenti anche l'incriminazione di un premier in carica. Il ritorno alle urne è un esito che tutti i partiti hanno sempre detto di voler evitare ad ogni costo
Le speranze del premier uscente israeliano Benjamin Netanyahu di rimanere in carica vacillano. Giovedì infatti il procuratore generale, Avichai Mandelblit, ha annunciato la sua incriminazione per corruzione confermando anche le accuse di frode e abuso di ufficio. E una prima assoluta per il Paese. Netanyahu non è obbligato a dimettersi ora, ma la pressione politica su di lui si intensificherà. Ed è più difficile, ora, continuare a sostenere che si trattava solo di una caccia alle streghe, come il leader del Likud fa da tempo, attaccando media, polizia, procuratori e sistema giudiziario. Nel frattempo, dopo che né Netanyahu né il leader centrista di Blu-Bianco Benny Gantz sono riusciti a formare un nuovo esecutivo ora il Parlamento israeliano ha 21 giorni di tempo per nominare un primo ministro. Se i 61 deputati del Knesset, con a capo il presidente Yuli Edelstein, allo scadere dei giorni emetteranno fumata nera, Israele ritornerà alle urne.
Tutto in mano al parlamento, dunque. Nei prossimi 21 giorni ogni deputato, Netanyahu e Gantz compresi, nominerà il collega che vorrà come primo ministro. Chi raggiungerà i 61 voti sarà il nuovo premier. Se ciò non avverrà il presidente Rivlin convocherà le urne: una realtà che in questi oltre due mesi dal voto tutti i partiti hanno sempre detto di voler evitare ad ogni costo. “Questo è un tempo di oscurità senza precedenti nella storia dello stato di Israele – ha detto il presidente israeliano Reuven Rivlin – in questi 21 giorni non ci devono essere blocchi o partiti. Ognuno dei parlamentari dovrà interrogare la propria coscienza e chiedersi: quale è il mio dovere per lo Stato di Israele?”.
La decisione arriva dopo che il leader di Blu-Bianco ha rimesso il mandato al presidente spiegando, in diretta tv, di non essere riuscito a rompere “il blocco” che aveva davanti a lui pur avendo “rigirato ogni pietra”. Gantz ha poi attaccato Netanyahu, leader Likud: “Conduce una campagna di odio e incitamento“. E infine ha sottolineato di aver chiesto a “Netanyahu, che ha perso le elezioni, di condurre una trattativa diretta. In risposta ho ricevuto cattive parole e filmati infantili. Il popolo ha scelto me e i miei compagni di Blu- Bianco per guidare Israele. Nessuno ha il diritto di impedire al popolo di concretizzare la propria scelta”.
A decidere le sorte del tentativo di Gantz, tuttavia, sarebbe stato il leader nazionalista laico Avigdor Lieberman, confermato l’uomo chiave della situazione, che ha annunciato di non aver alcuna intenzione di appoggiare nessuno dei due leader. Vanificando così anche quella sorta di scappatoia perseguita da Gantz: un governo di minoranza appoggiato dall’esterno sia da Lieberman sia dai partiti arabi del Knesset. Ha tentato, invece, un ultimo strappo Netanyahu, prima dello scadere del mandato di Gantz, chiedendo a quest’ultimo di sedersi (ancora) ad un tavolo per trovare un accordo e di rinunciare all’alleanza con il suo vice Yair Lapid e con l’altro leader centrista Moshe Yaalon, più ostici nei confronti delle richieste dell’ex premier. Una mossa che Gantz non ha potuto e voluto fare. Così è sfumata del tutto la speranza del presidente Rivlin di convincere i rappresentanti dei due maggiori partiti israeliani a dar vita a un governo “allargato e stabile” basato su una alternanza alla carica di premier fra Gantz e Netanyahu.
La decisione sull’incriminazione di Netanyahu è arrivata dopo due settimane di audizioni dei legali dei primo ministro per discutere le accuse di corruzione per tre distinte vicende. Nel cosiddetto caso 1000, Netanyahu è accusato di avere ricevuto regali sotto forma di casse di sigari e champagne da amici miliardari in cambio di favori politici. Nel caso 4000, l’accusa è di aver varato regolamenti favorevoli alla compagnia di telecomunicazioni Bezeq, in cambio di una copertura a lui favorevole da parte del sito Walla, il cui editore Shaul Elovitch è anche maggiore azionista della Bezeq.