“Devi dimetterti da presidente”. “Io non me ne vado: raccogli tu le 24 firme, se ci riesci”. Una mattinata vissuta in un’atmosfera surreale. Poi la spaccatura alla luce del sole, un nuovo bivio che mette difficoltà politica il M5s a Roma: è giusto, in primis per la storia pentastellata, avere un presidente dell’Assemblea capitolina a processo per corruzione? La risposta, ad oggi, è tutt’altro che unanime. E rischia di logorare un gruppo che finalmente sembrava aver trovato il proprio equilibrio. Una stabilità che in queste ore Virginia Raggi sta cercando di ripristinare, facendo da pontiere fra il presidente e il resto della maggioranza.
Il ritorno in Campidoglio di Marcello De Vito – dopo il via libera della prefetta Gerarda Pantalone – con tanto di citazione di Enzo Tortora, ha determinato l’atteso imbarazzo nel gruppo capitolino del M5s. Che è ufficialmente spaccato, dopo che il suo ex vice presidente vicario, Enrico Stefàno, che da anni condivide il percorso politico (e umano) in Campidoglio con De Vito, gli ha chiesto ufficialmente di dimettersi. “Lei, presidente, rappresenta tutta Roma, serve una riflessione importante”, ha spiegato Stefàno a microfoni aperti. “Bordoni (Davide, capogruppo di Forza Italia) era indagato eppure è stato votato come segretario d’Aula. Tutta questa ipocrisia mi fa schifo”, ha sentenziato pochi minuti dopo un’altra consigliera, Monica Montella. Confermando il “tutti contro tutti” su cui nemmeno capogruppo Giuliano Pacetti è ancora tornato a esprimersi.
Il ritorno e gli amici in lacrime: “Resto nel M5s” – Marcello De Vito, va ricordato, è a processo per corruzione, con rito immediato, nell’ambito di un filone derivante dall’inchiesta sullo stadio dell’As Roma. In estate, la Cassazione aveva emesso un parere di merito in cui affermava che le accuse nei suoi confronti “non reggono e si basano su motivazioni insufficienti”, invitando i pm a riformularle. Ciò non vuol dire che le indagini siano state archiviate, tanto è vero che la Procura ha chiesto il processo con rito immediato. Ottenuta la revoca della misura cautelare (era ai domiciliari dal 5 luglio, dopo 3 mesi e mezzo in carcere), nella mattina di giovedì De Vito ha ripreso il suo posto sullo scranno più alto dell’Aula Giulio Cesare.
Presenti fra il pubblico un buon numero di amici e parenti: la moglie Giovanna Taudonio, anche lei attivista pentastellata, in lacrime, come l’ex sindacalista Atac, Micaela Quintavalle. E poi l’ex presidente del Municipio III di Roma, Giovanna Capoccioni. Da subito, sugli scranni della maggioranza si è osservata una certa diversità nelle reazioni. Il suo amico ed ex capogruppo, Paolo Ferrara, è corso ad abbracciarlo, come la consigliera Maria Agnese Catini che ha applaudito e gli ha stretto la mano, mentre buona parte degli altri pentastellati hanno mantenuto un comportamento molto meno espansivo, fra chi si è limitato ad applaudire e chi è rimasto a testa bassa. “La mia intenzione è quella di restare nel gruppo del M5s”, avrebbe comunicato al capogruppo Pacetti.
La bagarre in capigruppo. Poi Stefàno apre la polemica – Subito dopo il discorso di De Vito, il primo vero confronto si è avuto in conferenza dei capigruppo. Al tentativo di Francesco Figliomeni (Fdi) di affrontare l’argomento, Pacetti si sarebbe opposto affermando che “non è questa la sede”, scatenando così le ire del leader della Lista Marchini, Alessandro Onorato. La bagarre ha spinto i rappresentanti delle opposizioni, al ritorno in Aula, a chiedere ufficialmente le dimissioni di De Vito. Richiesta arrivata anche da Stefàno, che ha di fatto aperto il fronte interno. “Non ho nulla di personale – ha spiegato il presidente della Commissione trasporti – nei suoi confronti dal punto di vista umano, sono felice di vederla qui, però richiamando l’art. 16 del Regolamento non posso che unirmi ai richiami che sono stati fatti in precedenza”. E ancora: “Il suo è un ruolo molto delicato, di rappresentanza non solo dell’Aula ma di tutta Roma, è inevitabile una sua riflessione da questo punto di vista, è opportuno riflettere sul ruolo che si ricopre, soprattutto nell’ottica più grande di comunità e città che si rappresenta”.
De Vito, però, ha ribadito che non ha alcuna intenzione di dimettersi da presidente: “La ringrazio per il richiamo al rispetto dei miei doveri – ha replicato De Vito a Stefàno – Ho verificato il testo, non vedo elementi ostativi alla funzione che ricopro e alla prosecuzione della seduta odierna. Non trovo accoglibile il richiamo al regolamento e ribadisco che se verrà presentata una richiesta di revoca con 24 firme verrà messa in calendario”. Richiesta di revoca su cui, come noto nel corso degli ultimi mesi non è mai stata trovata la quadra e che a un certo punto aveva anche spinto Stefàno a dimettersi dal ruolo di vice presidente vicario (e presidente de facto). Il consiglio si è di fatto concluso quando Cristina Grancio, ex pentastellata ora nel gruppo misto, è intervenuta ritirando la sua proposta di delibera “perché mi rifiuto di lavorare con un presidente d’Aula a processo per corruzione”, posizione subito dopo imitata da tutti gli altri capigruppo d’opposizione.
Virginia Raggi incontra De Vito: “Solo un saluto” – In tutto questo, Virginia Raggi che dice? La sindaca non si è vista in Aula, indaffarata nel suo ruolo di assessore ad interim sui rifiuti. Nel pomeriggio, però, ha incontrato De Vito. ”Non è stato un incontro ufficiale – sottolineano dal Campidoglio – ma un saluto, come è normale che sia tra due persone civili”. A quanto apprendere ilfattoquotidiano.it, Raggi starebbe lavorando per provare a normalizzare la situazione, da un lato invitando i consiglieri a spegnere sul nascere ogni polemica e dall’altro a capire se ci sono i margini per chiedere a De Vito un passo indietro, assicurandogli un ritorno in caso di assoluzione in primo grado (i tempi del giudizio immediato sono molto più veloci).
I due in estate, quando si era iniziato a parlare di un ritorno del presidente d’Aula al suo posto, si erano già scambiati dichiarazioni concilianti, dove lui parlava di “un profilo istituzionale” tenuto da Raggi “al contrario di Luigi Di Maio” e lei aveva aperto a un suo ritorno in caso di revoca della legge Severino, cosa poi avvenuta. Al lavoro sul fronte diplomatico anche l’assessore alla Mobilità, Pietro Calabrese, e il capogruppo Giuliano Pacetti. Tutto ciò mentre dal M5s non si registrano reazioni: la posizione di De Vito, formalmente, è ancora sub-judice davanti ai probiviri pentastellati, nonostante le dichiarazioni formulate a caldo da Di Maio, il giorno dell’arresto, che ne decretavano l’espulsione.