Il cadavere di Libero Foti, 75 anni, era stato trovato il 2 novembre chiuso in un sacco nero di nylon, con la gola tagliata, sul balcone di un appartamento al terzo piano di un condominio di via del Veltro, a Trieste
Si è opposto al ritorno nel proprio paese della convivente ucraina e perciò quest’ultima, forse per difendersi da una aggressione di lui, al culmine di una lite, lo ha soffocato con un sacchetto nero di quelli utilizzati per l’immondizia, uno di quelli nei quali ne ha poi chiuso il cadavere, che ha sistemato sul balcone. È la ricostruzione fatta dagli inquirenti sulla morte di Libero Foti, l’uomo di 75 anni trovato il 2 novembre chiuso in un sacco nero di nylon, con la gola tagliata, sul balcone di un appartamento al terzo piano di un condominio di via del Veltro, a Trieste. Il cadavere era in stato di decomposizione e da subito tutti i sospetti della Procura si erano concentrati sulla compagna ucraina, che da qualche tempo non viveva più con lui: la donna è stata ora rintracciata dalla squadra mobile di Trieste e, al telefono, ha confessato di aver ucciso il 75enne.
Le indagini della Squadra Mobile, coordinate dalla Procura diretta da Carlo Mastelloni, hanno accertato che la morte risalirebbe al 12 Ottobre scorso quando, intorno alle cinque del mattino, la coppia ha litigato, come testimoniato anche dai vicini di casa, in via del Veltro. Forse lui l’ha aggredita con un coltello, lei si è difesa colpendolo alla testa con una bottiglia, poi lo ha soffocato con il sacchetto di plastica e infine colpito con una lama al collo e a una mano. Una volta morto l’uomo, la donna ne avrebbe chiuso il corpo in sacchi di plastica nera, la testa in un altro sacco, li avrebbe portati sul balcone, al terzo piano, e li avrebbe avvolti in una coperta. È stato sul balcone che il successivo 2 novembre gli agenti, coadiuvati dai vigili del fuoco, allertati dai vicini che non vedevano la coppia da giorni, hanno trovato il cadavere. Come hanno accertato le indagini, coordinate dal titolare dell’inchiesta, il pubblico ministero Federico Frezza, la donna sarebbe partita per l’Ucraina, dove tutt’oggi si troverebbe, peraltro affetta da una malattia molto grave.