Nino De Masi a due mesi dalle urne lancia un messaggio "quasi disperato" ai cittadini della sua Regione: "Vige ancora un grande clima di incertezza in cui i diversi partiti e movimenti politici ipotizzano candidature aleatorie senza aprire una seria riflessione sulle drammatiche condizioni della nostra terra"
“Il mio è un appello quasi disperato rivolto a tutti i calabresi onesti, a tutti i rappresentanti della politica perbene, quelli che hanno davvero a cuore il bene comune, agli imprenditori e soprattutto ai tanti giovani pieni di speranze e di sogni, ma costretti a scappare: mai come in questo momento dimostriamo di essere cittadini in grado di poter essere protagonisti e costruttori del nostro domani”. Prende carta e penna Nino De Masi, vittima della ‘ndrangheta e dell’usura bancaria ma soprattutto imprenditore di Gioia Tauro che ha deciso di restare in Calabria e lottare. Lo ha fatto contro le cosche e ha vinto anche se è costretto, da molti anni, a una vita sotto scorta, all’esercito che presidia la sua azienda e a una famiglia che per motivi di sicurezza ha deciso di far trasferire al Nord Italia. Lo ha fatto poi contro gli istituti di credito e ha vinto anche con loro riuscendo a dimostrare nelle aule giudiziarie come i colossi bancari abbiano tentato di strozzare con i tassi usurai lui, le sue imprese e i suoi dipendenti.
A due mesi dalle elezioni regionali, Nino De Masi si rivolge ora alla società civile della sua regione. In passato in molti, tra partiti e movimenti lo hanno pregato di candidarsi ma lui ha sempre detto no. E anche questa volta il suo appello non è una fuga in avanti. Piuttosto un invito alle forze sane della regione. Movimenti, partiti e soprattutto cittadini. Per parlare di Calabria, finalmente e non di candidati. “Non ho alcuna velleità né capacità di fare politica né di scendere in campo come candidato, come ho ampiamente manifestato più volte in passato – dice – sono un uomo libero che opera per amore della sua terra e per senso del dovere che mi appartiene da cittadino”.
Ed è proprio quest’amore che, nelle ultime settimane, lo ha spinto a seguire con attenzione le vicende della politica regionale, incapace di trovare la quadra addirittura sul candidato a governatore e bruciando, sull’altare delle aspirazioni personali, di partito o di movimento, nomi importanti come quello dell’imprenditore Pippo Callipo su cui potevano confluire non solo la società civile ma anche il Movimento Cinque Stelle e il Pd nel tentativo di arginare l’avanzata della destra e della Lega in Calabria. Sorte, quella di Pippo Callipo, che è toccata anche a Florindo Rubbettino, l’editore che, come l’imprenditore del tonno, ha fatto un passo indietro a causa delle divisioni tra le varie forze politiche avversarie del centrodestra.
“Confesso di essere molto preoccupato – dice – ed in parte deluso da quanto apprendo dai media. In Calabria, al Sud, a due mesi dall’appuntamento elettorale per il rinnovo della Presidenza e della Giunta Regionale, vige ancora un grande clima di incertezza in cui i diversi partiti e movimenti politici ipotizzano candidature aleatorie senza aprire una seria riflessione sulle drammatiche condizioni della nostra terra, che soffre una crisi senza precedenti dal punto di vista etico, economico e sociale. Da cittadino e imprenditore calabrese fatico ad avere certezze, speranze e a vedere un futuro migliore in tale scenario. Soffro nel constatare che ancora oggi, nonostante mille ferite e mille fallimenti che ci portiamo dietro, i ragionamenti continuano a farsi non sui programmi e su come attuarli ma su architetture politiche lontanissime dal pensiero comune e dai bisogni di questa nostra terra”.
“Ritengo – aggiunge De Masi – che sia necessario attingere dalla società civile come spazio di selezione di una classe dirigente preparata e pronta ad affrontare le sfide di oggi. Credo che non si tratti solo di scegliere chi può sostenere emotivamente ed economicamente una campagna elettorale difficilissima e ormai cortissima. Credo invece sia urgente ormai capire se i cittadini comuni che hanno perso ogni speranza nel cambiamento, i professionisti, gli imprenditori, gli educatori, le famiglie e i giovani, consapevoli di una terra degradata, devono considerarsi predestinati a sentirsi figli di un Dio minore senza poter ambire ad un presente o a un futuro. La Calabria sta lentamente morendo a causa della rassegnazione dei molti che anziché lottare preferiscono andare via o non andare a votare”.
Ecco perché, secondo De Masi, è questo il momento di tornare nelle “trincee della speranza e dell’impegno diretto”: “Alziamo gli elmetti del coraggio, rimettiamo al centro, in un confronto vero di condivisione e di proposte, i temi essenziali che stanno alla base della società civile: legalità, lavoro, diritto ai servizi pubblici nei nostri territori, diritto alla salute, all’istruzione e alla formazione qualificata, lo sviluppo sostenibile. Mai come in questo momento è necessario individuare nella società civile, uomini e donne veramente libere che, aldilà delle vecchie logiche della politica di ‘professione’, possano accorrere con coscienza al capezzale della morente Calabria. Da cittadino e imprenditore calabrese mi dichiaro disponibile a un confronto aperto con i dirigenti nazionali dei partiti, dei movimenti, delle espressioni civiche, con la società civile e con tutti coloro che hanno a cuore il nostro comune destino, per discutere dei bisogni reali e degli interessi collettivi di questa terra. Sono disposto ad invitare a Gioia Tauro, presso la mia azienda, o in un altro posto, gli esponenti del governo e gli interessati al confronto, per far toccare con mano la nostra realtà, comprendere cosa è il Sud, conoscere la sua gente, il suo orgoglio e la sua dignità. Non possiamo lasciare la Calabria in questo stato di abbandono senza domandarci quale è il nostro ruolo e quali le nostre responsabilità. Dobbiamo adesso scegliere una classe dirigente che permetta di nuovo ai cittadini di essere protagonisti del loro futuro. Torniamo ad essere uniti e agiamo insieme nell’interesse della collettività e di quei giovani a cui stiamo facendo il peggior torto, educandoli a ‘nemmeno provarci’ di restare al Sud, in Calabria”.