I true believer. Così gli autori del libro definiscono i più feroci nazisti “cacciatori di ebrei”, che tuttavia non avrebbero potuto ottenere risultati così eclatanti senza l’appoggio della polizia italiana e dei burocrati, che si difesero tutti dicendo di essere stati costretti ad obbedire agli ordini. I true believer di allora richiamano in modo inquietante i carnefici dell’Isis e i foreign fighters dei paesi europei. E questo richiede il massimo di attenzione democratica.

Le dimensioni della tragedia romana. Nel 1943 vivevano a Roma circa 13mila ebrei. Nel rastrellamento del 16 ottobre ne furono catturati 1.300, e il giorno successivo furono spediti ad Auschwitz. Tornarono vivi solo 15 uomini e 1 donna (le loro biografie si trovano nella ricchissima documentazione che completa il libro). Altri 731 furono deportati nei mesi successivi. Settantasette furono fra le vittime delle Fosse Ardeatine.

Il comportamento dei romani. Purtroppo non pochi romani collaborarono con i nazisti o addirittura, durante la retata del 16 ottobre e in altre occasioni, segnalarono loro alcune famiglie ebree che altrimenti si sarebbero salvate. E’ però vero che almeno altrettanti romani aiutarono gli ebrei a sfuggire alla cattura e spesso li nascosero o li aiutarono a trovare un rifugio sicuro, con grande rischio personale. Rispetto ad una buona parte dei cittadini almeno neutrale sulla questione, si distinsero per la loro ferocia e avidità alcuni romani, almeno 200, che formarono bande di delatori e di assassini al totale servizio dei nazisti. La più celebre fu la banda Koch, ma non meno feroci le altre bande, per lo più costituite da pregiudicati per gravi reati comuni.

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La persecuzione degli ebrei romani: una storia di orrori e vergogna da non dimenticare mai

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