Un’integrazione criminale arrivata prima di quella sociale. È quello che è successo a Palermo tra gli uomini di Cosa nostra e quelli della Mafia nigeriana, cioè le associazioni criminali nate soprattutto nella città di Benin city che negli anni hanno messo radici anche in Italia. Si tratta di diversi clan, ognuno con un nome e un rituale diverso – Black Axe, Viking, Eye – che per i magistrati della procura sono un’organizzazione paragonabile a Cosa nostra.

Come ha svelato per la prima volta ilfattoquotidiano.it nel 2015, le indagini condotte dalla Squadra mobile hanno documentato la presenza della mafia nigeriana nel quartiere storico di Ballarò. “Lì si è concretizzata prima l’integrazione criminale e poi quella sociale“, dice Imd, nome in codice di un investigatore che per anni ha fatto parte della Catturandi, il reparto che dà la caccia e ai latitanti di Cosa nostra. Divenuto noto anche per i suoi libri sulla ricerca di latitanti, negli ultimi poi Imd è stato impegnato nelle inchieste sulla criminalità straniera. Per la prima volta ha deciso di spiegare i dettagli delle sue indagini, raccontando il suo ultimo libro, Mafia nigeriana, edito da Flaccovio. Dopo che negli anni scorsi era costretto ad apparire in pubblico indossando il mefisto, adesso Imd ha concesso al fattoquotidiano.it un’intervista a volto scoperto, nei locali di una piccola biblioteca nel centro cittadino.” I secret cult sono una struttura criminale che ha uno scopo, che è quello che hanno riscontrato i sociologhi nella prima mafia: vendono un prodotto che è la protezione. La persone che abbiamo interrogato sono spesso terrorizzate. Appena gli nomini la Black Axe tremano”, spiega l’investigatore.

Tra mafia siciliana e nigeriana ci sono stati contatti. “Cosa nostra ha dovuto fare i conti con questo multietnicismo: invece di scontrarsi con i nigeriani e attirare l’attenzione della magistratura, si è integrata. Così abbiamo avuto prima l’integrazione criminale e poi quella sociale. A Palermo non è mai stata accertato questo accordo tra mafiosi italiani e nigeriani. Perchè non l’abbiamo dimostrato? Perche noi siamo intervenuti in modo energico, senza lasciare la possibilità ai vari gruppi di riorganizzarsi arresto dopo arresto”. Imd ipotizza conseguenze gravi senza le operazioni contro la mafia nigeriana. “Cosa poteva accadere se non fossimo intervenuti? Da qui a 8/10 anni, probabilmente si sarebbe iniziato a sparare“. Cioè una nuova guerra di mafia, questa volta tutta straniera.

La prima inchiesta sui cult nigeriani – raccontata in esclusiva dal fattoquotidiano.it – risale al 2015, i primi arresti arrivarono nel novembre 2016 con il blitz contro 17 persone appartenenti alla Black Axe. In 14 furono condannati in abbreviato per un totale di 87 anni di carcere, altri cinque scelsero il rito ordinario e recentemente è stata emessa la sentenza: quattro assolti, uno condannato per violenza a 11 anni. Nel frattempo però ad aprile sono finite in carcere altre 17 persone accusate di far parte del gruppo degli ‘Eye’ ed a luglio l’operazione “Disconnection Zone” ha coinvolto la ‘cosca’ dei Viking. Come nella storia di Cosa Nostra, anche tra i cult sono sorti i collaboratori di giustizia. Due su tutti Don Emeka e Austine Johnbull. Il primo tra il 2014 e il 2015 iniziò a collaborare dopo aver subito un’aggressione per la quale Johnbull fu condannato a 12 anni e 4 mesi per tentato omicidio. In seguito alla condanna anche Johnbull iniziò a collaborare: fu il primo a svelare i riti d’iniziazione di Black axe, tanto da meritarsi l’appellativo di “Buscetta della mafia nigeriana”. I suoi verbali sono stati pubblicati in esclusiva da Fq Millennium, il mensile del Fatto Quotidiano. Tra i nomi fatti da Johnbull anche quello del suo accusatore, Don Emeka, considerato esponente dei Viking. Proprio Emeka è morto il 7 ottobre scorso in circostanze misteriose dopo aver accusato un malore nel carcere Pagliarelli di Palermo. La causa del decesso sarebbe un attacco ipoglicemico, ma gli esiti dell’autopsia saranno depositati entro la prima metà di dicembre.

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