In Romania il presidente uscente, il conservatore europeista Klaus Iohannis, ha largamente vinto il ballottaggio delle presidenziali nelle elezioni di domenica 24 novembre, ottenendo un secondo mandato quinquennale consecutivo dopo la vittoria del 2014. Stando ai primi exit poll diffusi subito dopo la chiusura dei seggi, a Iohannis è andato tra il 65% e il 67% dei voti, praticamente il doppio delle preferenze ottenute dalla sfidante, la ex premier socialdemocratica Viorica Dancila, attestatasi al 33%-35%. Una vittoria schiacciante e netta che va ben oltre le previsioni della vigilia e che appare molto più ampia del successo ottenuto da Iohannis al primo turno. “Oggi ha vinto la Romania, la Romania moderna, europea, normale”, ha detto il presidente dopo la diffusione dei primi risultati. “I romeni sono stati gli eroi di questi giorni, sono andati numerosi a votare e questa è la cosa più importante”, ha aggiunto Iohannis secondo il quale si tratta di una “sconfitta netta per i socialdemocratici”, anche se “abbiamo vinto una battaglia ma non la guerra”.
Iohannis ha potuto contare sul sostegno delle altre forze di centrodestra, mentre Dancila è in pratica rimasta a gareggiare da sola dopo che anche i suoi alleati di centrosinistra l’hanno abbandonata, causando la caduta del suo governo, sfiduciato il mese scorso in parlamento. Uomo di poche parole, nato a Sibiu 60 anni fa, di origini sassoni e appartenente alla minoranza tedesca della Romania, Iohannis sembra aver fatto il minimo indispensabile per puntare a un secondo mandato, che gli dà l’opportunità di continuare la sua politica fortemente europeista e la battaglia contro la corruzione, che dilaga anche nelle alte sfere politiche e amministrative. Una battaglia che, unitamente ai ripetuti appelli a recarsi alle urne, è stato il suo cavallo di battaglia durante la campagna elettorale. All’ex premier Viorica Dancila invece non è bastato l’essersi appellata ai valori nazionali per recuperare il consistente gap di voti accumulato nel primo turno delle elezioni.
In poco più di due mesi è la seconda, pesante sconfitta per la Dancila, delfina di Liviu Dragnea, il deus ex machina del partito socialdemocratico (Psd) che sta scontando una pena di tre anni e mezzo per corruzione. A metà ottobre, infatti, il governo Dancila è stato sfiduciato dal Parlamento dopo aver perso l’appoggio di Alde (alleato nei tre anni di governo) e dell’altro partito di centrosinistra Pro Romania dell’ex premier Victor Ponta. Per il Psd, erede del vecchio partito comunista, si prospetta dunque la necessità di una profonda ristrutturazione in vista delle prossime elezioni parlamentari che si terranno nell’autunno del 2020. A traghettare il paese fino a quella data, e a meno di altre crisi o di elezioni anticipate, sarà il nuovo governo guidato da Ludovic Orban, del partito liberale di Iohannis, che è subentrato alla Dancila. E dopo anni di scomoda coabitazione, presidenza e governo avranno lo stesso colore politico, evento piuttosto raro nella Romania del dopo Ceausescu. L’obiettivo principale per Iohannis e il centrodestra sarà verosimilmente il rafforzamento da una parte dei rapporti con Bruxelles e dall’altra del peso del paese balcanico all’interno dell’Unione Europea, proseguendo nella lotta senza quartiere alla corruzione, fenomeno per il quale la Romania resta osservato speciale della Ue.