La procura di Savona ha avviato accertamenti anche sullo stato dei piloni del viadotto della A6 Madonna del Monte crollato domenica pomeriggio. Una porzione di circa 30 metri di viadotto nel tratto tra Altare e Ferrania è venuta giù, trascinata da “una imponente frana con una colata di 2 metri di fango” che ha travolto i pilastri, ha spiegato il governatore ligure Giovanni Toti. “Abbiamo fatto alcuni sopralluoghi ma per chiarire i fatti ci vorrà tempo”, ha detto il procuratore capo Ubaldo Pelosi. A chi gli chiedeva se quanto successo si debba attribuire a problemi strutturali su piloni o collina, Pelosi ha risposto: “È impossibile dirlo adesso, sono oggetto delle indagini“. Secondo l’Ansa, intanto, malgrado la richiesta dell’Anac, l’Autostrada dei Fiori non ha rivelato la spesa della manutenzione. È quanto emerge dall’indagine conoscitiva Anac dello scorso luglio in merito alle spese per la manutenzione effettuate dai concessionari autostradali.

Mentre il professor Nicola Casagli, l’esperto di frane docente dell’Università di Firenze, ha sorvolato l’area, proseguono gli accertamenti della Polstrada che attraverso le telecamere di sorveglianza installate sull’autostrada cerca di capire se al momento del crollo stessero passando mezzi. Analogamente, vanno avanti le ricerche dei Vigili del fuoco sulla massa della frana. Ci sono ancora 15mila metri cubi di fango in bilico, che potrebbero scivolare a valle in un attimo, velocissimi, così come veloci sono stati quei 30mila metri cubi di terra che hanno abbattuto i piloni del viadotto ‘correndo’ a 20 metri al secondo. La massa instabile potrebbe cadere a valle in qualsiasi momento anche in previsione del fatto che mercoledì tornerà a piovere.

Secondo Casagli e Luca Ferraris della Fondazione Cima, centri di competenza della Protezione civile nazionale, è stata la grande quantità di pioggia caduta il mese scorso a provocare lo smottamento di un terreno che è stato agricolo e abbandonato in una zona considerata a rischio da moderato a basso. “La frana ora sembra ferma – hanno detto gli esperti – ma i 15mila metri cubi di materiale potrebbero scendere in qualsiasi momento ampliando i fianchi dello smottamento”. Ora la frana “è stata messa sotto stretto monitoraggio” con un sofisticato sistema di laser e radar e un sistema di allerta pluviometrico “per cercare di fornire elementi utili per poter riaprire la carreggiata sud” dell’autostrada.

La probabile causa del crollo del viadotto potrebbe essere “l’impatto della massa di fango, scesa velocissimamente da un’altezza considerevole e lungo un bacino stretto, sui piloni del viadotto stesso, hanno spiegato Casagli e Ferraris al termine del sopralluogo aereo sulla frana. La frana, composta da circa 30 mila metri cubi di materiale, è scesa da un’altezza di 300 metri velocissima, a circa 20 metri al secondo. “È stata rapidissima – hanno detto gli esperti – e calcolando la velocità con la quantità di massa l’impatto sui piloni è stato devastante”. Ora ci sono “circa 15mila metri cubi di materiali che sono ancora in bilico“.

Il tratto dell’autostrada “Verdemare” dove si è verificato il crollo risulta di competenza di Autostrada dei Fiori, gruppo Gavio. “È tecnicamente possibile poter ricostruire la parte del viadotto crollata in quattro mesi con l’ipotesi di una campata in acciaio non sorretta da un pilone”, ha fatto sapere l’amministratore delegato Bernardo Magrì durante la riunione in prefettura a Savona con il ministro delle infrastrutture, Paola De Micheli. “Stiamo già lavorando a questa possibilità con la nostra unità di crisi“. Ci sono già aziende pronte a intervenire, ha fatto presente Magrì. I tecnici stanno verificando la tenuta dell’altra carreggiata per valutare se poterla riaprire su due sensi di marcia.

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