La direttrice Lina Attallah e due giornalisti, Rana Mahmoud e Mohamed Hamama, sono stati prelevati e trattenuti alcune ore nella centrale di polizia di Dokki, al Cairo. Alcune ore prima era stato arrestato un altro cronista della testate, Shady Zalat, poi rilasciato. Giovedì avevano dato la notizia del cambio di mansione di Mahmoud al-Sisi dal ruolo di vertice del Gis, il servizio di controspionaggio interno, a funzionario diplomatico a Mosca
È stata una domenica pomeriggio ad alta tensione al Cairo quella vissuta dall’intera redazione del sito indipendente di notizie Mada Masr. Tutto in poche ore, dalla sede di Dokki – a due passi dal Nilo e ad un chilometro dall’appartamento dove viveva Giulio Regeni – occupata dalla polizia e dagli apparati dell’intelligence, al prelievo della direttrice, Lita Attalah, e due suoi stretti collaboratori, fino ad un inaspettato lieto fine. Una volta terminato il blitz dentro le stanze redazionali, la direttrice e i due giornalisti, Rana Mahmoud e Mohamed Hamama venivano rilasciati e, praticamente in contemporanea, arrivava la notizia della liberazione di Shady Zalat, il redattore di 37 anni arrestato sabato all’alba all’interno della sua abitazione.
Zalat è stato scaricato da un’auto lungo la ring road del Cairo, l’autostrada che funge da anello attorno alla capitale egiziana. Il tempo di reperire un cellulare e, prima di tutti, avvisare la sua famiglia e il suo avvocato. L’incubo per lui è durato circa 36 ore, passate nelle mani del Gis, il servizio di sicurezza, senza che nessuno avesse idea di dove fosse stato condotto. Quando tutto sembrava precipitare, all’improvviso è tornato il sereno per Zalat, per i giornalisti di Mada Masr e per l’informazione libera in Egitto, dove la testata indipendente resta l’unica voce contraria al regime di Abdel Fattah al-Sisi.
Nel primo pomeriggio, un gruppo di attivisti del Cairo si è precipitato nella sede della testata online all’angolo del viale Tahrir, lo stradone a sei corsie che dall’omonima piazza, cuore del Cairo, conduce ad ovest verso Dokki e il governatorato di Giza. Polizia, militari e servizi di sicurezza stavano entrando al terzo piano del palazzo dove si trova la redazione. Tutti i giornalisti (compresi due stranieri, un americano ed un britannico) e le persone presenti in redazione sono stati bloccati all’interno, i cellulari sequestrati, mentre fuori gli attivisti cercavano di tenere viva l’attenzione attraverso l’hashtag #pressnotcriminal. Più tardi Lina Attalah, Rama Mahmoud e Mohamed Hamama sono stati portati nella vicina centrale di polizia di Dokki e trattenuti. Nel frattempo i servizi hanno portato avanti la perquisizione. Non è chiaro se e cosa gli inquirenti abbiano sequestrato, sta di fatto che verso le 18 i tre giornalisti in stato di fermo hanno lasciato la centrale di polizia e poco dopo è arrivata la bella notizia su Shady Zalat.
Un sospiro di sollievo insomma, dal dramma collettivo al ritorno ad una presunta normalità. In realtà lo show proposto domenica dal governo è una prova di forza nei confronti degli oppositori, a partire dalla tenace direttrice di Mada Masr, Lina Attalah, e la sua giovanissima redazione, composta da circa 25 giornalisti. La particolare ‘attenzione’ attorno ai giornalisti di Mada Masr è iniziata sabato all’alba, con l’Irruzione dei servizi di sicurezza in casa di Shady Zalat, dal 2014 redattore della testata giornalistica. Non si era fatta attendere la risposta del regime dopo l’inchiesta pubblicata giovedì scorso dal sito indipendente, con protagonista il primogenito del presidente al-Sisi.
Le ragioni ufficiali del provvedimento restrittivo nei confronti di Zalat, 37 anni, non si conoscono ancora, ma il blitz di sabato nell’appartamento nella zona ovest del Cairo, è subito apparso alquanto sospetto. Azione e reazione: giovedì la diffusione della notizia sul cambio di mansione per Mahmoud al-Sisi, dal ruolo di vertice del Gis, il servizio di controspionaggio interno, a funzionario diplomatico a Mosca; due giorni dopo l’arresto di uno dei professionisti di punta. L’inchiesta dell’altro giorno non era firmata e quindi il legame diretto con Zalat non è ufficialmente stato riconosciuto, ma l’obiettivo dell’operazione era chiaramente quella di assestare un colpo a Mada Masr.
L’operazione è andata in scena alle prime luci dell’alba. Quattro membri dei servizi di sicurezza in borghese hanno bussato alla porta di casa. Zalat stava riposando, in casa con lui anche la moglie e la figlia. I funzionari del Gis hanno prelevato Zalat e il suo computer, con la perquisizione andata avanti quasi un’ora. In un secondo momento alcuni poliziotti sono ritornati a casa del giornalista per cercare e sequestrare il suo cellulare. Di lui fino a poche ore fa, si erano perse le tracce. L’ennesimo arresto, l’ultimo di una serie infinita.
Negli ultimi due mesi polizia, militari e servizi hanno arrestato più di 4mila persone, in larga parte attivisti dei diritti umani, avvocati, giornalisti, politici in contrasto con la visione dell’attuale governo. Un’ondata repressiva seguita alla protesta di piazza del 20 settembre, quando una folla di giovani ha invaso piazza Tahrir, Taalat Harb e l’area di Downtown, raccogliendo l’invito a ribellarsi lanciato da Mohamed Alì, imprenditore/attore ostile al regime e in esilio a Barcellona. Nel video, diventato virale in rete, Alì aveva denunciato la corruzione regnante all’interno dell’esecutivo guidato da al-Sisi.
Per una notte il Cairo ha rivissuto la confusione e l’entusiasmo dei giorni di gennaio del 2011, quelli della rivoluzione di piazza Tahrir che portarono alla caduta dell’allora presidente, Hosni Mubarak. Il punto più alto di libertà del popolo egiziano, prima del tracollo sociale sfociato nel 2013 con il colpo di Stato orchestrato proprio da al-Sisi, allora ministro della difesa del governo Morsi, leader dei Fratelli Musulmani, subito arrestato e morto il 17 giugno scorso in aula durante un’udienza del processo. Da quel venerdì sera di due mesi fa non si sono verificate altre manifestazioni pubbliche, al Cairo così come nelle altre città dell’Egitto.
Mada Masr è una delle poche ‘spine’ nel fianco del governo egiziano rimaste attive sotto il profilo dell’informazione, ormai totalmente uniformata al regime. Nel 2017 il sito è stato oscurato dall’autorità nazionale delle telecomunicazioni e da allora riesce a diffondere le sue notizie e le sue inchieste esclusivamente attraverso i social network, oltre ai collegamenti con diverse testate straniere. La direttrice, Lina Attalah, è giovanissima e l’età media di giornalisti e redattori è ben sotto i trent’anni.