Hong Kong invia un chiaro segnale di cambiamento alla Cina. I candidati anti-governativi in corsa alle elezioni distrettuali hanno conquistato quasi il 90% dei seggi, 396 sui 452 in palio, assestando un duro colpo alla governatrice Carrie Lam e al governo centrale di Pechino. Mentre è in ballo ancora l’assegnazione di due seggi, riportano i media locali, il fronte pro-establishment ha perso più di 240 seggi rispetto alla tornata elettorale del 2015.
Il movimento anti-governativo è partito a giugno in risposta alla contestatissima legge sulle estradizioni in Cina, puntando poi a sollecitare il varo di riforme democratiche. A tale scopo, il movimento ha varato una piattaforma di cinque punti, tra cui il suffragio universale e un’indagine indipendente sulla brutalità della polizia nella repressione delle proteste. Dopo sei mesi di manifestazioni, la popolazione si è riversata in massa alle urne: sui 4,13 milioni di elettori totali registrati (+32% sul 2015), l’affluenza è stata del 71,2%, ha annunciato Barnabas Fung, a capo della Commissione per gli affari elettorali in una conferenza stampa in streaming. Si tratta della partecipazione più alta mai registrata dal passaggio del 1997 della città da Londra e Pechino, visto che il 71,2% ha superato non solo il 47% del 2015 (il massimo fino a oggi per il voto distrettuale), ma anche il 58% raggiunto nel 2016 per le più importanti elezioni del parlamentino locale.
Il governo ascolterà “certamente con umiltà le opinioni dei cittadini e rifletterà su di loro con serietà”, ha detto la Lam assicurando che il governo “rispetterà il risultato del voto”. In generale, “le elezioni di ieri si sono tenute in modo pacifico, sicuro e ordinato. Dopo i disordini sociali degli ultimi cinque mesi, credo fermamente che la grande maggioranza del pubblico condivida il mio desiderio che continui la situazione pacifica, sicura e ordinata”, ha rilevato la governatrice nella nota. La Lam ha anche riconosciuto che il risultato del voto ha alimentato le discussioni sul fatto che “i cittadini sono insoddisfatti per l’attuale situazione sociale e i problemi ben sedimentati”, senza però fornire dettagli.
“Hong Kong è parte integrante della Cina, a prescindere dal risultato elettorale”, ha commentato il ministro degli Esteri cinese Wang Yi, nel corso di un incontro a Tokyo col premier giapponese Shinzo Abe. “Qualsiasi tentativo di danneggiare il livello di prosperità e stabilità della città, non avrà successo”, ha continuato Wang nel primo commento ufficiale di Pechino sull’esito del voto.
Il ministro degli Esteri cinese si trova a Tokyo di ritorno dall’incontro ministeriale del G20, in programma la scorsa settimana a Nagoya, per partecipare al meeting con l’omologo giapponese Toshimitsu Motegi, col quale ha parlato di “scambi culturali ed etici” tra Giappone e Cina, in un tentativo di avvicinamento tra le diplomazie dei due Paesi vicini. In un incontro separato con Wang, il premier nipponico Abe ha esortato la Cina a mantenere un sistema di accesso a Honk Kong libero e aperto da ogni tipo di restrizione, consentendo all’ex protettorato britannico di “prosperare in base all’affermazione del principio One country, Two systems“, che vuole salvaguardare l’indipendenza e la democrazia della regione.