Il premier torna a parlare di Ilva dopo il faccia a faccia di venerdì con i proprietari della multinazionale dell'acciaio: "Abbiamo reagito in modo forte, siamo stati bravi. Tutti abbiamo afferrato l’importanza di marciare nella stessa direzione. Il risultato è stato che Mittal è tornato al tavolo, stiamo riavviando il negoziato con questi obiettivi". L'udienza sul ricorso d'urgenza dei commissari va verso il rinvio per favorire il confronto tra governo e azienda
È stato “evitato il disastro economico-sociale immediato” e ora che Lakshmi Mittal è “tornato sui suoi passi” e ora ci sono “le premesse per un percorso serio”. Giuseppe Conte si dice convinto che il peggio per l’ex Ilva di Taranto sia alle spalle. “Se ricorderete – ha spiegato il premier – al primo incontro Mittal si era presentato con un atto concreto, il recesso. In alternativa, ma solo verbalmente, mi ha detto ‘potremmo rimanere se ci consentite 5mila esuberi’. La mia risposta è stata assolutamente no. Mi ha chiesto lui l’incontro. Noi abbiamo reagito in modo forte, siamo stati bravi. Tutti abbiamo afferrato l’importanza di marciare nella stessa direzione. Il risultato è stato che Mittal è tornato al tavolo, stiamo riavviando il negoziato con questi obiettivi”.
Obiettivi che la famiglia proprietaria di ArcelorMittal, afferma Conte, “conosce bene”. Tra questi c’è “la massima occupazione” ma “ci rendiamo conto che il piano industriale elaborato non è sostenibile, dobbiamo tramutare la necessità in una opportunità”. Tradotto: “Facciamo dell’Ilva uno stabilimento modello dal punto di vista delle energie pulite in tutto il mondo. È un polo che per anni è stato l’eccellenza in campo siderurgico. Il governo c’è, il sistema Italia c’è se si vogliono fare le cose per bene”, ha spiegato durante un live con l’Adnkronos nel giorno in cui i commissari dell’Ilva in amministrazione straordinaria hanno depositato al giudice del Tribunale di Taranto, Francesco Maccagnano, l’istanza con cui chiedono una proroga per completare la messa in sicurezza dell’altoforno 2.
Al momento la magistratura ha fissato per il 13 dicembre il termine ultimo per l’adeguamento. I commissari chiedono una proroga della facoltà d’uso per consentire i lavori per dotare l’impianto dell’automazione delle operazioni in campo di colata. Si tratta dell’unica prescrizione ancora non eseguita, ma stando al giudizio dei periti contenuta nel documento di valutazione del rischio, presentato il 13 novembre, anche senza l’automazione l’impianto è “gestito minimizzandone i rischi”.
A Milano, invece, sembra allontanarsi la pronuncia del giudice Claudio Marangoni sul ricorso d’urgenza ex articolo 700. L’udienza è fissata per mercoledì ma potrebbe andare ‘a vuoto’: i commissari infatti sarebbero intenzionati a chiede un rinvio visto che si è aperto il confronto tra le parti. Una novità che, da indiscrezioni, potrebbe essere annunciata proprio davanti al giudice civile. Venerdì scorso era giunto il deposito dei documenti da parte della procura che, sposando la tesi proprio dell’amministrazione straordinaria, ha identificato nella “crisi d’impresa” la vera ragione dell’addio di ArcelorMittal. L’abolizione dello scudo penale, secondo i magistrati milanesi, sarebbe solo un “pretesto” per abbandonare gli impianti.