L'ex responsabile di Forza Italia a Varese e che da mesi ormai sta collaborando coi pm nella maxi inchiesta 'mensa dei poverì dopo l’arresto dello scorso maggio, è stato sentito venerdì per chiarimenti sull'imputazione di corruzione contestata a Zingale e Comi (anche accusata di finanziamento illecito, truffa ai danni del Parlamento Europeo e false fatture)
Nuovo interrogatorio e nuova conferma. Nino Caianiello, il ras di Forza Italia considerato burattinaio delle tangenti in Regione Lombardia, ha confermato di nuovo il quadro accusatorio nei confronti dell’ormai ex eurodeputata di Forza Italia Lara Comi e dell’ex dg di Afol Metropolitana Giuseppe Zingale, arrestati il 14 novembre.
Caianiello, ex responsabile di Forza Italia a Varese e che da mesi ormai sta collaborando coi pm nella maxi inchiesta ‘mensa dei poverì dopo l’arresto dello scorso maggio, è stato sentito venerdì per chiarimenti sull’imputazione di corruzione contestata a Zingale e Comi (anche accusata di finanziamento illecito, truffa ai danni del Parlamento Europeo e false fatture). Imputazione che riguarda un contratto di consulenza per 21mila euro, formalmente affidato da Afol all’avvocatessa Maria Teresa Bergamaschi, pure lei indagata e che collaborava con Comi, in cambio della “retrocessione”, con la regia di Caianiello, di 10mila euro come “regalo di Natale” all’ex dirigente Zingale. Retrocessione avvenuta anche attraverso una società dell’allora eurodeputata.
“Ho saputo da Zingale e dalla Comi – ha messo a verbale Caianiello il 2 settembre – che erano riusciti a trovare un punto d’incontro e che segnatamente Zingale aveva già fatto preventivare a bilancio una potenziale estensione contrattuale fino a un montante di 80mila euro”. Poi, però, Zingale si sarebbe lamentato con Caianiello (“ero l’interfaccia della Comi“, ha spiegato) perché non aveva ancora “ottenuto alcuna retrocessione“, ossia la sua parte di soldi. Caianiello ha messo a verbale di aver allora preso l’impegno con Zingale di parlare con Comi, cosa che fece e lei gli avrebbe risposto che di questa “richiesta” si sarebbe occupata Bergamaschi. Ricostruzione, quella dell’ex berlusconiano, che è stata confermata, da quanto si è saputo, anche nell’ultimo interrogatorio. È probabile, infine, che gli inquirenti debbano sentire ancora Bergamaschi (pure lei ha già messo a verbale elementi a riscontro delle accuse su Comi) e anche l’ex addetto stampa dell’allora europarlamentare sul ‘capitolo truffa”.
Oggi il gip di Milano Raffaella Mascarino ha deciso che Zingale deve restare in carcere, respingendo l’istanza di scarcerazione dei suoi legali. La difesa del’ex dg Afol chiederà a breve ai pm di essere interrogato La difesa di Comi, invece, ha presentato istanza al Tribunale del Riesame per chiedere la revoca dei domiciliari (udienza non ancora fissata). “Getta una luce inquietante sulla personalità” di Giuseppe Zingale, l’ex dg di Afol Metropolitana in carcere nell’ambito di un filone dell’inchiesta ‘Mensa dei Poverì, la vicenda delle presenza da lui “imposta” all’interno dei Centri per l’Impiego (Cpi) sparsi nel Milanese dei banchetti del patronato Epas, gestito da Peppino Falvo, l’ex coordinatore regionale dei cristiano popolari il cui nome è emerso nell’indagine ‘Krimisa”, scrive il gip nell’ordinanza. L’episodio dei banchetti di patronato coordinati da Falvo, il ‘re dei Caf’ accusato di voto di scambio e perquisito lo scorso luglio nell’ambito di un’altra inchiesta, fa parte della seconda contestazione disciplinare su cui si basa il provvedimento di sospensione cautelare dell’ex direttore generale adottato dall’Agenzia di Formazione e Orientamento Lavoro lo scorso 30 settembre e depositato dalla sua difesa al giudice Mascarino in allegato alla istanza di scarcerazione.