A marzo fu effettuato il primo blitz, con l'arresto di 27 persone (13 in carcere e 14 ai domiciliari) accusate di far parte di un'organizzazione criminale facente capo alla cosca cutrese "Grande Aracri". Ora, a conclusione delle indagini, le notifiche degli avvisi ad un numero di persone che nel frattempo è cresciuto. Interessate le province di Padova, Venezia, Vicenza, Belluno, Treviso, Reggio Emilia, Parma, Crotone, Reggio Calabria e Cosenza
Le mani della ‘ndrangheta sul Veneto produttivo, sulle aziende bisognose di liquidità e vessate dalle cosche. E’ questo lo scenario dell’operazione “Camaleonte-bis” messa a segno dai carabinieri di Padova che hanno notificato 54 avvisi di conclusione di indagini preliminari emessi dalla Procura Distrettuale Antimafia di Venezia. A marzo fu effettuato il primo blitz, con l’arresto di 27 persone (13 in carcere e 14 ai domiciliari) accusate di far parte di un’organizzazione criminale facente capo alla cosca cutrese “Grande Aracri“. Ora, a conclusione delle indagini, le notifiche degli avvisi ad un numero di persone che nel frattempo è cresciuto. Interessate le province di Padova, Venezia, Vicenza, Belluno, Treviso, Reggio Emilia, Parma, Crotone, Reggio Calabria e Cosenza. I reati contestati vanno dall’associazione per delinquere di stampo mafioso all’estorsione, dalla violenza privata al riciclaggio. Inoltre, emissione e utilizzo di fatture per operazioni inesistenti per oltre 30 milioni di euro.
In questi mesi gli accertamenti sono continuati. Ad indagare non sono solo i carabinieri, ma anche la Guardia di Finanza di Mirano, con il supporto di personale del Nucleo di polizia economico-finanziaria di Venezia. A conclusione sono state formulate nuove ipotesi di reato associativo finalizzato a commettere reati fiscali e riciclaggio. Alcune delle vittime di episodi di minaccia e violenza, infatti, hanno collaborato fornendo prove di episodi di estorsione commessi soprattutto nelle province di Padova e Venezia.
Tra tutti è emersa la figura di Antonio Genesio Mangone, calabrese, 54 anni, che si trovava agli arresti domiciliari e che a metà ottobre è finito in carcere nell’ambito dell’operazione “Avvoltoio”. Sarebbe il responsabile di 13 nuovi episodi di estorsione nei confronti di altrettanti imprenditori veneti. Gli è stata contestata anche l’associazione di stampo mafioso per i suoi rapporti diretti con i fratelli Michele e Sergio Bolognino, già arrestati a marzo. Nell’elenco dei nuovi indagati c’è anche un imprenditore edile padovano che sarebbe coinvolto (assieme a fratelli Bolognino) in alcune estorsioni ai danni di imprenditori in difficoltà. L’obiettivo era quello di assumere il controllo delle società, dopo il prestito di forti somme di denaro.
Dopo essere finito sotto inchiesta, negli scorsi mesi uno degli imprenditori veneti coinvolti aveva sanato il proprio debito tributario pagando all’Erario circa 5 milioni e mezzo di euro, oltre a un milione e mezzo di euro sequestrato quale profitto per il riciclaggio.
Dall’inchiesta emerge il sistema della ‘ndrangheta per infiltrarsi nel tessuto economico veneto, con l’obiettivo finale di fare delle aziende acquisite (anche con la violenza) lo strumento per impiegare in modo apparentemente lecito il denaro proveniente da attività criminali.
La cosca Grande Aracri, partendo dalla cittadina di Cutro, nel crotonese, aveva già dimostrato di sapersi introdurre in Emilia Romagna, dove aveva costituito una base consolidata, diventata il trampolino per allargare le sue attività in Veneto. “L’organizzazione – hanno spiegato gli inquirenti – avrebbe un flusso perpetuo che poteva contare su numerose società conniventi, in cui le stesse somme riciclate venivano celermente reimmesse nel circuito delle false fatturazioni, così da generare ulteriori profitti”.