Dopo una giornata di silenzio, l'ex segretario del Pd punta il dito contro la Procura di Firenze che nell'ambito dell'inchiesta sulla fondazione che organizza la Leopolda ha ordinato una serie di perquisizioni in undici città ipotizzando a vario titolo i reati di riciclaggio, autoriciclaggio, appropriazione indebita aggravata, false comunicazioni sociali
Un’operazione “di forte impatto mediatico” che ha generato un “massacro mediatico” in un paese in cui è “molto difficile finanziare liberamente la politica. O almeno qualche politico“. Dopo una giornata di silenzio, Matteo Renzi attacca la Procura di Firenze che nell’ambito dell’inchiesta sulla Fondazione Open ha ordinato una serie di perquisizioni in undici città ipotizzando a vario titolo i reati di riciclaggio, autoriciclaggio, appropriazione indebita aggravata, false comunicazioni sociali.
“Questa mattina centinaia di finanzieri in tutta Italia hanno perquisito all’alba abitazioni e uffici di persone fisiche e giuridiche ‘colpevoli‘ di aver finanziato la Fondazione Open. Un’operazione in grande stile, all’alba, di forte impatto mediatico“, scrive su Facebook l’ex presidente del Consiglio e oggi leader di Italia Viva, lambito dalla vicenda poiché la fondazione, attiva dal 2012 al 2018, era nata per sostenere le iniziative politiche di Renzi ai tempi della sua militanza ai vertici del Partito democratico. L’attenzione degli inquirenti si sarebbe appuntata, in particolare, sulle primarie del 2012, sul Comitato per “Matteo Renzi segretario” e su alcune ricevute di versamenti effettuati da parlamentari. “La decisione è stata presa dai pubblici ministeri di Firenze, Creazzo e Turco, titolari anche di altre inchieste – prosegue l’ex sindaco – sono loro, ad esempio, ad aver firmato l’arresto per i miei genitori, provvedimento – giova ricordarlo – che è stato annullato dopo qualche giorno dai magistrati del Tribunale del Riesame. Ma il danno mediatico, e psicologico, ormai era già stato fatto”.
“Chi ha finanziato in questi anni la Fondazione Open ha rispettato la normativa sulle fondazioni – prosegue Renzi – Cosa facesse la Fondazione è noto, avendo – tra le altre cose – organizzato diverse edizioni della Leopolda. E se è giusto che i magistrati indaghino, è altrettanto giusto che io mi scusi con decine di famiglie per bene che stamattina all’alba sono state svegliate dai finanzieri in tutta Italia solo perché un loro congiunto ha sostenuto in modo trasparente la nostra attività politica”.
“Sono giunto al paradosso di dare un suggerimento per il futuro alle aziende: vi prego non finanziate (l’ex presidente del Consiglio lo scrive tutto in maiuscolo, ndr) Italia Viva se non volete passare guai di immagine. È un paradosso perché proprio noi avevamo voluto l’abrogazione del finanziamento pubblico e un sistema trasparente di raccolta fondi all’americana. Ma se fare un versamento regolare, volontario, tracciabile e trasparente (ovviamente non a tutte le migliaia di fondazioni politiche del nostro Paese ma solo a qualche specifica fondazione) diventa occasione per una perquisizione e relativo battage mediatico mi rendo conto che sia molto difficile in questo Paese finanziare liberamente la politica. O almeno qualche politico”.
Quindi l’ex segretario del Pd delinea le prossime mosse: “Aspetteremo con un sorriso la fine delle indagini, i processi, le sentenze, gli appelli. Noi ci fidiamo della giustizia italiana: ci possiamo permettere di aspettare perché conosciamo la verità. Io credo nella giustizia. E so che la giustizia arriva, prima o poi arriva”. Intanto “Chiediamo un aiuto. Chi si ribella a questo massacro mediatico e vuole sostenerci non faccia mega versamenti ma piccole donazioni da 5, 10, 100, massimo 1.000 euro”.
Quindi, prosegue Renzi, occorre rispettare il lavoro “il lavoro dei giudici, dei finanzieri, dei giornalisti” e “se poi altri partiti utilizzano questa vicenda per chiedere commissioni di inchiesta sui partiti e sulle fondazioni io dico che ci sto. Anzi, rilancio: dovremmo allargare la commissione di inchiesta anche a quelle società collegate a movimenti politici che ricevono collaborazioni e consulenze da società pubbliche. Italiane, certo. Ma non solo italiane”.