Virginia Raggi è stata chiamata a testimoniare al processo che vede Marcello De Vito imputato per corruzione, nell’ambito di un filone d’indagine sul nuovo stadio dell’As Roma. Il nome della sindaca della capitale è stato inserito nella lista testi presentata dagli avvocati del presidente dell’Assemblea capitolina, arrestato il 20 marzo scorso e tornato libero – dopo circa 9 mesi fra carcere e domiciliari – il 19 novembre. Il processo si aprirà il prossimo 4 dicembre.

Acea, il business park e il presunto ruolo di De Vito – In estrema sintesi, l’accusa chiave che viene rivolta a De Vito è quella di aver utilizzato il proprio ruolo di presidente del Consiglio capitolino, sfruttandone anche il peso politico, per sbloccare dossier cari ai suoi presunti sodali o spingere progetti legati alla realizzazione dello stadio giallorosso. Su tutti il trasferimento della sede di Acea Spa presso il business park di Tor di Valle – favorevole al costruttore Luca Parnasi – ma anche il via libera alla riqualificazione degli ex Mercati Generali di via Ostiense e di un palazzo storico nei pressi della Stazione Trastevere.

La posizione della Corte di Cassazione, con pronunciamento 36237 del 19 agosto 2019, ha in parte smontato le accuse messe in campo dai magistrati, spiegando che queste erano formulate attraverso “congetture e interpretazioni”. Un pronunciamento che rappresenta un punto di forza per la difesa e al quale la parte inquirente non ha ancora replicato, avendo scelto di chiedere il rito immediato, bypassando così la prova del Riesame.

Il ruolo di Virginia Raggi nella vicenda – Cosa c’entra in tutto questo Virginia Raggi? Una delle accuse chiave rivolte a De Vito è quella di aver espresso parere favorevole, il 14 giugno 2017, all’approvazione del progetto di Tor di Valle, con le connesse varianti al piano regolatore generale. Proprio nel documento approvato dalla Corte di Cassazione, si sottolinea come, a quella data, fosse ravvisabile “l’esito di un già apprezzabile iter procedurale, scandito, dopo la presentazione del progetto oltre tre anni prima, sotto la sindacatura Marino, e una prima dichiarazione di pubblico interesse dell’opera da parte della Giunta del tempo” con una “convergente dichiarazione pubblica in tal senso della sindaca”.

È probabile, dunque, che i legali di De Vito in aula vorranno ricostruire insieme alla prima cittadina quella lunga trattativa fra l’amministrazione comunale e l’As Roma, risolta da quello che comunemente viene definito “lodo Lanzalone”, dal ruolo del “facilitatore” finito anche lui a processo nel filone principale dell’inchiesta. Con l’occasione, alla sindaca potrebbe essere chiesta anche la posizione della Giunta capitolina sugli altri progetti “caldi” che, secondo l’accusa, De Vito avrebbe “spinto” in favore dei suoi presunti sodali per trarne beneficio economico: la riqualificazione degli ex Mercati Generali di via Ostiense e quella di un palazzo storico nei pressi della Stazione Trastevere.

Le accuse a De Vito – L’inchiesta, coordinata dal procuratore aggiunto Paolo Ielo e dalle pm Barbara Zuin e Luigia Spinelli, ha coinvolto i costruttori Pierluigi e Claudio Toti, Luca Parnasi e Giuseppe Statuto, oltre ad alcuni prestanome. Con l’amico avvocato Marcello Mezzacapo, De Vito è accusato di corruzione e traffico di influenze illecite: nei loro confronti, dopo l’arresto, sono stati disposti sequestri preventivi per 250 mila euro, pari al valore delle presunte mazzette ricevute sotto forma di “consulenze”. Secondo chi indaga, tra i due esisteva “un vero e proprio sodalizio”, anche se entrambi hanno sempre negato di aver mai ricevuto tangenti.

Va ricordato che, secondo l’accusa, a De Vito e Mezzacapo sono arrivati versamenti per 230 mila euro e altri 160 mila ne sarebbero stati promessi. Cifre emerse dalle intercettazioni e dall’analisi dei flussi finanziari sulle società attraverso le quali Mezzocapo avrebbe girato denaro sul conto della Mdl srl che, secondo la procura, era una sorta di ‘cassaforte’ nata per custodire i profitti illecitamente raccolti dai due.

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