Il passaggio dallo standard televisivo Dvb-T a Dvb-T2, che comporterà il cambio dei vecchi televisori entro il 2022, non avrà effetti così dirompenti come è accaduto con il passaggio dall’analogico al digitale terrestre, meno di dieci anni fa. Se si vuole dare un senso a questa vicenda, è che la stessa televisione viene soppiantata nelle strategie industriali dal web (e dalle Tlc).
Il fatto è noto. Su input dell’Europa, ogni paese dovrà liberare dall’emittenza televisiva la banda di frequenze pregiata (700Mhz) per darla in uso agli operatori telefonici: si tratta dello spostamento di frequenze usate dalle emittenti televisive nazionali e locali (banda di spettro 694-790 Mhz), per renderle disponibili alle Telco, che si sono aggiudicate le frequenze 5G (asta che ha raggiunto la cifra record di 6,6 miliardi), per i servizi sviluppati con la tecnologia mobile di quinta generazione.
Il 5G “soppianta” quindi la televisione, anche se i programmi televisivi troveranno ampia ospitalità sui vari device, programmi che, grazie alla nuova tecnologia, “si caricheranno alla velocità del vento”. Per la tv cambia poco, se non il disagio degli utenti che devono iniziare a cambiare il vecchio televisore (con l’occasione si spera che ci sia una campagna di sensibilizzazione per la smart-tv).
Diverso è stato il caso del passaggio dall’analogico al digitale, processo che è durato alcuni anni e che è terminato nel 2012. Fra le tante novità vi fu l’ampliamento delle frequenze e l’ingresso di nuovi operatori. Per questo motivo il digitale fu osteggiato inizialmente dai due operatori leader, Rai e Mediaset, che si opposero a qualsiasi novità tecnologica che avesse potuto anche solo scalfire le loro rendite di posizione.
In coincidenza con l’arrivo del digitale, Rai ha perso dal 2010 sette punti percentuali e Mediaset cinque. Per inciso si segnala che Mediaset, grazie al digitale terrestre, creò una propria Pay, giustificando la concessione con il fatto che Premium fosse non una vera e propria tv ma un’offerta di servizi (Premium è stata poi chiusa). A contrastare, spesso con successo, i due oligopolisti vi sono ora Sky, La7 e Discovery e diverse buone emittenti locali. Il digitale terrestre ha ampliato l’offerta, seppur non ha aperto del tutto il mercato, mentre l’arrivo del nuovo digitale non comporterà l’aumento della concorrenza.
Come circa dieci anni fa, anche questa volta è concesso un bonus (pari a 50 euro) per le famiglie più disagiate per l’acquisto dei nuovi apparecchi (la legge è entrata in vigore). Se ci fosse ancora un’industria nazionale su questo settore, l’intervento sarebbe ancor più vantaggioso. La concessione del contributo conferma che la politica rimane sempre sensibile agli interessi della televisione (c’è chi sostiene che tv e calcio siano i due settori più protetti!).
I disagi creati per il passaggio al digitale 2 non sono simili in tutti i paesi. In Germania e nel Regno Unito, per esempio, sono di gran lunga inferiori, in quanto in questi paesi si è sviluppato il cavo e il satellite, mentre da noi esiste solo l’etere (almeno fino l’arrivo di Sky). C’è da rimpiangere oggi il mancato sostegno di politici “miopi” al famoso progetto “Socrate” portato avanti, in maniera lungimirante, negli anni ’90 dalla Telecom ancora statale; progetto che naufragò. La Rai ha avuto, sempre negli anni Novanta, la possibilità di sviluppare anche il satellite, ma il duopolio non ammetteva cambiamenti; per cui anche in questo caso si registrò un repentino dietrofront.
Qualche anno fa in un’intervista a Boris Pahor (purtroppo non ho conservato il testo, per cui vado a memoria) il giornalista chiese, considerando che lo scrittore ha attraversato tutto il Novecento, quale fosse stata la scoperta scientifica che più lo aveva stupito. Iniziò citando l’aeroplano ad uso civile, ma concluse affermando che Internet lo aveva ancor più entusiasmato. Lo scrittore non menzionò la televisione!