Il cantautore traccia un bilancio della sua carriera artistica, dopo vent'anni, e annuncia un nuovo percorso che lo porterà verso nuove mete e sonorità. Nel frattempo con noi sfoglia l'album dei ricordi personali e professionali, non tralasciando l'attualità con il tema degli haters sul web
Tagliare il traguardo dei 40 anni, tirare le somme, girare la boa e ricominciare con nuove sfide. Cesare Cremonini ha così fatto con il volume “Cremonini 2C2C The Best Of”, la raccolta con 6 brani inediti (di cui uno strumentale), 32 singoli, 18 tracce demo originali, 15 brani strumentali e 16 versioni pianoforte e voce. Questo progetto sbarcherà anche negli stadi italiani dal 21 giugno 2020, per poi concludersi con la grande festa il 18 luglio all’Autodromo Internazionale Enzo e Dino Ferrari di Imola. Infine la “sua” Bologna lo omaggia con le luminarie natalizie con le parole di “Nessuno vuole essere Robin“, accese dal 30 novembre sulla via di Lucio Dalla, Via D’Azeglio.
“Ho sempre guardato in prospettiva al mio futuro – ha detto Cremonini a FqMagazine -. Mio padre se n’è andato, mi sono distratto da miei obbiettivi e ho fatto conto con la perdita e la fine delle relazioni importanti della mia vita. Mi sono distratto e ho perso il contatto con il mio viaggio. Quando sono tornato in barca, non ho riconosciuto la sponda che ormai era lontana. Non ho visto più la mia riva. Mi sono reso conto di essermi perso nella vita, lo rivendico con orgoglio e felicità. È il momento ideale per scoprire nuove canzoni. Questo progetto è il bilancio di un uomo che si è smarrito nella vita e che oggi è entusiasta di non avere catene che lo tenevano ancorato al passato. Sto benissimo dove sto, pronto a scrivere la seconda parte della mia carriera”.
“Al telefono” è il primo brano inedito, saltato fuori da questo “forziere di cose preziose”. Un brano che segna anche un percorso nuovo verso altre sfide professionali del cantautore. “Questa canzone parla della sopravvivenza – continua l’artista – perché quando finisce qualcosa, che sia una relazione, che sia una esperienza professionale, che sia un rapporto che si ha con i cari, un papà e una mamma, non siamo in realtà soli. Abbiamo sempre il telefono in mano che rappresenta il legame con la nostra memoria, quasi come ci fosse il nostro DNA lì dentro. La sopravvivenza passa attraverso un nuovo strumento tecnologico che ci illude di non essere soli, come se ci aggrappassimo a quello che abbiamo provato. Ho descritto quello che ho provato quando è finita la mia relazione, due anni fa. I brani inediti di questo disco rappresentano un vero e proprio mini album di un breve periodo della mia vita. È come fosse una fotografia in primo piano, non una foto di classe”.
A proposito di classe, Cremonini da bambino costringeva la scuola a sedersi sui gradoni e ad ascoltare quello che provava in quel momento della sua vita. “Ammetto di essere stato un piccolo rompiscatole – confessa Cesare -. La verità è che da bimbo mi annoiavo a giocare. Volevo parlare e siccome avevo questa necessità, sin da bimbo, quella di comunicare anziché giocare, costringevo i compagni a parlare con me. Immaginate le loro facce ad un certo punto con proteste annesse ‘ma Cesare, queste sono cose da grandi! Noi vogliamo giocare’ (ride; ndr)”.
Tra i brani contenuti nel disco anche “Figlio di un re” che rappresenta un tassello importante nella vita dell’artista verso il riconoscimento artistico. Un giorno per questa canzone è stato fermato da un hipster in un supermercato, ricevendo complimenti appassionati. “Ho avuto un periodo della mia vita complicato – ricorda Cesare -, ma è stato anche più importante della mia vita. Quando ho lasciato i Lunapop vent’anni fa per intraprendere la mia carriera da solista, mi sono accorto sulla mia pelle, che quello era un marchio. Così l’ho tolto per ricominciare da zero. In quel preciso istante, mi sono dato un obbiettivo preciso: saranno le canzoni a parlare e a determinare quello che diventerò. Tolta l’idea di essere un artista pop e basta, volevo diventare qualcuno di importante e volevo diventarlo attraverso la scrittura delle canzoni. Oggi che sono passati vent’anni, è arrivato il momento giusto per mostrare cosa ho fatto in quel periodo difficile della mia vita. Così canzone dopo canzone, il pubblico si è accorto che stavo raccontando la mia biografia. ‘Figlio di un re’ è stato il primo brano per cui mi fermavano le persone per strada per dirmi ‘sai che sei bravo’. Mi fa sorridere ancora oggi”.
Anche “Padremadre” ha rappresentato una fase importante nella carriera di Cremonini. Quando Cesare lo ha proposto alla sua ex etichetta, aveva ricevuto le risate in faccia. “I rapporti con la mia ex discografica erano complessi, – rivela – loro si aspettavano i Lunapop tutta la vita e invece mi sono preso la mia strada. Quelle canzoni raccontavano la mia esistenza e i rapporti umani. Non erano i singoli che i discografici si aspettavano da me”.
Sempre attento all’uso di parole, Cesare dice la sua anche sul fenomeno degli haters e dell’hatercrazia che sembra aver avvelenato il web. “Penso che servano concretamente delle leggi che possano essere in qualche maniera più efficaci per contrastare il fatto che ogni tanto la libertà di parola può essere non solo dannosa, ma può veramente cambiare le sorti del nostro destino. Questa è una responsabilità che dobbiamo farci carico tutti quanti. E che la Silicon Valley decida i destini del mondo mi pare eccessivo” E poi conclude: “Oggi più che mai c’è bisogno di un messaggio più profondo. Credo sia importante per chi fa il mio mestiere proporre, se può e se gli riesce, la poesia che abbiamo dentro, attraverso l’uso del linguaggio della parola che riporti delicatezza. La morbidezza al giudizio sugli altri”.