“Accertare quali siano in dettaglio, i rapporti instauratisi tra la Fondazione Open e i soggetti finanziatori della Fondazione”. È la chiusa del decreto di perquisizione, emesso dalla procura di Firenze, che ha portato ieri la Guardia di finanza in undici città a caccia di documenti e carte per approfondire l’ipotesi di reato di finanziamento illecito ai partiti. I pm indagano, a vario titolo, anche per appropriazione indebita aggravata, riciclaggio e autoriciclaggio, false comunicazioni sociali. Nel registro degli indagati è finito per finanziamento illecito anche Marco Carrai, amico personale di Matteo Renzi. Carrai, come Luca Lotti e Maria Elena Boschi, sedevano nel consiglio di amministrazione dell’ente privato chiuso dopo che l’ex premier ha perso la leadership del partito. “Ho fiducia che la magistratura chiarirà presto la mia posizione. So di non aver commesso reati e di aver sempre svolto i miei compiti rispettando la legge”, ha dichiarato già ieri Carrai.
I finanziatori perquisiti: da Davide Serra ad Alfredo Romeo – Ma chi sono i finanziatori che ieri hanno ricevuto la visita delle Fiamme gialle? Nella lista dei perquisiti – che non sono indagati – come riportano alcune testate c’è Davide Serra imprenditore amico dell’ex premier, la multinazionale del farmaco Menarini della famiglia Aleotti nelle persone Alberto Giovanni, Lucia e Benedetta Aleotti, ci sono anche le società dell’armatore napoletano Vincenzo Onorato, oltre a quelle che fanno capo all’imprenditore napoletano Alfredo Romeo (quello del caso Consip e imputato a Napoli per corruzione). Romeo però smentisce: “Nessuna perquisizione è stata effettuata in alcuno degli uffici della Romeo Gestioni, né tanto meno in una mia abitazione”. Gli investigatori della Gdf, che agli atti dell’indagine hanno già depositato sette informative ai pm Antonino Nastasti e Luca Turco, hanno bussato anche alle porte della Impresa Pizzarotti di Parma che si occupa di costruzioni, la Getra Power di Marcianise società elettrica della famiglia Zigon, del gruppo Gavio, concessionario italiano delle autostrade. Nella lista delle Fiamme Gialle anche la Garofalo Health Care, società del settore della sanità privata e la British American Tobacco. In sei anni – la procura contesta i reati dal 2012 all’anno scorso – nelle casse della Fondazione Open sono finiti 6,2 milioni di euro e i m vogliono accertarsi che questi versamenti – previsti dalla legge – non fossero in qualche modo una contropartita come già ipotizzato nei confronti del gruppo Toto.
Inchiesta partita per la consulenza milionaria da parte del gruppo Toto – L’inchiesta, che è vede indagato l’avvocato Alberto Bianchi, ex presidente della Open per traffico di influenze illecite tra il 2016 e il 2018, era partita con l’ipotesi di un presunto pagamento effettuato dalla società di costruzioni Toto all’avvocato per una consulenza milionaria. Stando ai riscontri della procura, parte di quel denaro sarebbe stato poi versato dal legale nelle casse della Fondazione. Nei giorni scorsi il Tribunale del Riesame, confermando i sequestri eseguiti a settembre a carico del legale, scriveva che il gruppo Toto ha compiuto operazioni “dissimulatorie” per finanziare la Fondazione. Cuore degli accertamenti un incarico per un contenzioso con Autostrade affidato al suo studio legale dalla Toto Costruzioni Generali. Secondo i giudici tra i Toto e l’avvocato, che ora risponde anche di finanziamento illecito, nel 2016 c’erano “rapporti molto intensi”. Proprio durante questi sequestri, a settembre, è stata recuperata la documentazione relativa alla Fondazione come il bilancio e gli elenchi dei finanziatori, compreso quello di coloro che non avevano dato il via libera alla pubblicità della donazione.
Per i giudici del Riesame “a fronte della fattura numero 4 del 2 agosto 2016 emessa nei confronti della Toto Costruzioni Generali” Bianchi “aveva ricevuto la somma di 801.600 euro”. Poco più di un mese dopo l’incarico, il 12 settembre 2016, Bianchi versò due contributi: uno alla Fondazione Open da 200.838 euro e un altro al Comitato per il Sì al referendum costituzionale per altri 200mila euro. “Sempre nel 2016 – si legge nell’ordinanza – ‘Alberto Bianchi e associati studio legale’ aveva ricevuto dalla Toto Costruzioni Generali, la somma di 1.612.000 oltre a Iva al 22 per cento per 354.640, totale fatturato 1.966.640 quale pagamento di prestazioni professionali”. I giudici rilevano che le operazioni, “tenuto conto del loro peculiare profilo temporale e dell’entità delle somme versate alla Open, appaiono dissimulatorie di trasferimento di denaro da Toto Costruzioni Generali” alla Open. Insomma gli inquirenti cercando di capire se esisteva uno sorta di schema che portasse denaro nelle casse della Fondazone definita “un’articolazione” del Pd di cui Matteo Renzi è stato segretario. Una cassaforte, quindi, che era alimentata dai soldi versati dai privati. Soldi che sarebbero arrivati a Bianchi per pratiche legali o consulenze, ma che poi veniva in qualche modo veniva retrocesso dal professionista. Per questo, scrivono nel decreto di perquisizione a carico di Bianchi si legge di “significativi intrecci tra prestazioni professionali” rese del legale e dai suoi collaboratori e “finanziamenti alla fondazione Open”.