L‘Ocse torna a criticare Quota 100. Secondo l’organizzazione parigina, la priorità dell’Italia per quanto riguarda il sistema pensionistico, che assorbe il 16% del pil, dovrebbe essere “aumentare l’età effettiva di ritiro dal lavoro“. Perché al momento è a 62 anni, due in meno rispetto alla media Ocse e cinque in meno rispetto all’età legale per la pensione di vecchiaia che è a 67 anni. Questo soprattutto per effetto dell’anticipo pensionistico caro alla Lega. Lo si legge nel Rapporto Pensions at a Glance“: la scheda sull’Italia ricorda che la Penisola “ha fatto retromarcia rispetto alle recenti riforme introducendo Quota 100″.

La sfida sarà di “mantenere adeguate prestazioni di vecchiaia limitando la pressione fiscale a breve, medio e lungo termine”. Anche perché, ricorda il rapporto, il governo gialloverde oltre ad aver consentito di ritirarsi in anticipo dal lavoro, ha bloccato l’aumento dei requisiti legati all’aspettativa di vita fino al 2026 per coloro che hanno almeno 42 anni e 10 mesi di contributi se uomini e 41 e 10 mesi se donne. Inoltre non è prevista una revisione per l’età di vecchiaia nel 2021 legata all’aspettativa di vita. “Il sistema italiano – scrive l’Organizzazione – combina un’alta età pensionabile obbligatoria con un tasso di contribuzione pensionistica elevato del 33%” e ciò comporterà un tasso di sostituzione netto futuro (il reddito da pensione in rapporto a quello da lavoro, ndr) molto elevato, il 92% per i lavoratori con salario medio a carriera piena contro il 59% in media nell’Ocse.

L’Ocse segnala inoltre che la pensione di cittadinanza ha innalzato i benefici per la vecchiaia portandoli al di sopra della media Ocse per questi schemi. In particolare l’Organizzazione ricorda le difficoltà del mercato del lavoro italiano con una percentuale di lavoro temporaneo e part time che generalmente dà guadagni più bassi, più alto rispetto alla media dei paesi Ocse. “Queste forme di lavoro – avverte – aumentano il rischio di basse pensioni future dato che il sistema italiano collega strettamente le pensioni ai contributi. Inoltre i tassi di occupazione di giovani e anziani in Italia sono ancora bassi con il 31% di giovani tra i 20 e i 24 anni al lavoro contro il 59% medio Ocse e il 54% tra i 55 e i 64 anni contro il 61% della media Ocse. Anche questo rischio di carriere incomplete pesa sulla pensione futura strettamente legata ai contributi versati”.

Infine l’Ocse ricorda l’alta percentuale di lavoro autonomo nel nostro Paese “Più del 20% dei lavoratori sono autonomi a fronte del 15% nei paesi Ocse”. E se nella media Ocse questi lavoratori hanno pensioni mediamente più basse del 22% rispetto ai lavoratori dipendenti in Italia c’è il divario più grande con una differenza che supera il 30%. Per questo le aliquote contributive per la pensione dovrebbero essere le stesse per il lavoro dipendente e autonomo, mentre oggi l’aliquota è del 24% per gli autonomi e del 33% per i dipendenti. “La parità di trattamento di tutto il reddito da lavoro – sottolinea l’Organizzazione – implica che le aliquote del contributo pensionistico dovrebbero convergere in tutte le forme di lavoro, aumentando le pensioni per coloro che hanno un basso tasso di contribuzione”.

Il rapporto ribadisce anche un dato noto da tempo: l’Italia spende per il sistema pensionistico il 16% del Pil, il secondo livello più alto nell’area. Il reddito medio delle persone con più di 65 anni è simile a quello dell’intera popolazione mentre nella media Ocse è più basso del 13%.

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