L'ufficio studi di Mediobanca sull'industria websoft mostra che nel 2018 le filiali italiane di 15 gruppi che vanno da Amazon a Microsoft, Google e Facebook hanno trasferito gran parte dei ricavi all'estero riducendo l'imponibile. A livello mondiale i risparmi delle big tech hanno raggiunto fra il 2014 e il 2018 49 miliardi
Solo 64 milioni di euro, pari ad appena il 2,7% del fatturato. Sono le tasse pagate nel 2018 al fisco italiano dalle filiali dei 15 maggiori gruppi del web e del software: da Amazon a Microsoft e Google, passando per Facebook e Alibaba. Apple, non inclusa nel campione, ha pagato dal canto suo 12,5 milioni. Il calcolo è contenuto nell’ultimo rapporto del centro studi di Mediobanca. Secondo cui a livello mondiale le 25 “WebSoft” con fatturato superiore agli 8 miliardi di euro hanno risparmiato tra il 2014 e il 2018 oltre 49 miliardi di tasse spostando circa la metà dell’utile ante imposte in Paesi con basse aliquote fiscali. Il risparmio sale a 74 miliardi se si includono i 25 di Apple – non inclusa nel campione – che spicca per le capacità di ottimizzazione fiscale davanti a Microsoft (16,5 miliardi), Google (11,6 miliardi) e Facebook (6,3 miliardi).
Sul fronte italiano le società analizzate dallo studio sono 15, fra le quali Amazon che ha pagato 6 milioni, Microsoft 16,5 milioni, Google 4,7 milioni, Oracle 3,2 milioni e Facebook 1,7 milioni. Ad esse va aggiunta Apple, con 12,5 milioni di imposte. In seguito ad accordi con le autorità fiscali italiane le aziende hanno poi pagato sanzioni per un totale di 39 milioni, in diminuzione rispetto ai 73 milioni del 2017. Il fatturato aggregato in Italia è pari a 2,4 miliardi di euro, solo lo 0,3% del fatturato mondiale del settore websoft. I 64 milioni pagati nel 2018 ne rappresentano il 2,7%, in calo rispetto al 2,9% del 2017. Tutto dipende dal solito meccanismo utilizzato dalle big tech per risparmiare sulle tasse, cioè lo spostamento dei ricavi dalle controllate italiane a Paesi dove le aliquote fiscali sono basse.
Un altro fenomeno che colpisce l’Italia è quello del cash pooling. Le filiali italiane trasferiscono parte della loro liquidità alle controllanti, che gestiscono in modo accentrato la tesoreria del gruppo. In Italia rimane solo il 14% della liquidità totale, mentre l’84,7% va a confluire in Paesi a fiscalità agevolata.
Nel 2018 l’aliquota media effettiva del campione preso in considerazione a livello mondiale è stata del 14,1%, di gran lunga inferiore all’aliquota ufficiale del 21% degli Usa e di quella del 25% della Cina, dove hanno la sede operativa gran parte delle società. Da notare che tutte le sette società websoft cinesi hanno sede fiscale alle Cayman mentre 13 delle 14 statunitensi hanno sede nello stato del Delaware.