Al Torino Film Festival questa curiosa operetta che è una piacevole visione e un piacevole ascolto per l’intelletto. Comunque la si pensi. Vaccinati o meno
Roberto Burioni sotto effetto Xanax. Incredibile, ma vero. Avete presente le esternazioni inappellabili social su scienza e vaccini, gli strali senza freni del virologo che in alcuni momenti sembrano più violenti di quelli dei No-Vax? Ecco, scordateveli. Elisabetta Sgarbi regista, in Vaccini, nove lezioni di scienza, sezione Festa Mobile al 37esimo Torino Film festival, riesce a trasformare Burioni in un pacato divulgatore da tardo ottocento. Certo, la linguetta biforcuta da apocalisse al contrario c’è sempre, è parte del personaggio a livello mediatico. Ma è la messa in scena di questa curiosa operetta, tutta sulle punte, tutta fronte macchina, davanti alla quale la Sgarbi sistema un semplice tavolo di legno (ex cathedra?), e dietro cui siedono nove tra medici, scienziati, filosofi (fra questi i professori Andrea Biondi e Giampaolo Donzelli), che la trasformazione avviene.
Tutto il cinemino sgarbiano possiede da quel dì questa leggiadra e composta allure del fare le cose perbene e precise, senza sbraitare, senza essere soverchiante per lo spettatore. Qui l’esigenza è costruire un documentario screziato di teatralità e dettagli creativi significanti (i vecchi giocattoli azionati dagli intervistati, per dire) per mettere un punto fermo sul tema dei vaccini. “Torno a essere farmacista, qui, in questo film, per prendere posizione a favore della più estesa vaccinazione possibile, e a favore della autorevolezza della scienza, della competenza, dello studio, della ricerca, della sperimentazione. Sui Vaccini non segue dibattito”, ha spiegato Sgarbi. Eppure, proprio rispetto al “metodo Burioni online”, ecco la frenata. Si tiene il punto, ma si prova a fornire argomentazioni più ampie (la disamina della composizione dei vaccini da parte della professoressa Chiara Azzari sta sopra le altre) che vadano oltre la contingenza e il pericolo dell’urgenza istantanea (che è poi una delle argomentazioni principali dei no-vax, ma fa niente).
L’obiettivo sgarbiano è proprio nell’affermare la necessaria conoscenza e coscienza rispetto al tema divenuto parecchio spinoso, almeno in Italia, dopo il decreto Lorenzin del 2017. Insomma, un film ampiamente partigiano che però trova in alcune “lezioni” sussurrate, esposte con garbo encomiabile, una serie di spunti che, paradossalmente, riaprono il confronto, anzi attenuano il muro contro muro. Sublime infatti l’intervento di Massimo Cacciari, finalmente lontano dalle interpretazioni un tanto al chilo della sempiterna “crisi della sinistra”, intento a spiegare l’epoca della post-verità nel “fiume immondo” (niciano) del web. Speculazione per speculazione, Cacciari afferma: “Perché lo scienziato potrebbe tendere a ritenere la propria prospettiva, il proprio sapere pressoché l’unico, e derubricare gli altri a mera fantasia, sogno, considerandoli inconsistenti. Questo è a mio parere uno dei più grandi rischi che corre la scienza, più è potente la scienza più è grande il rischio”. Accidenti. Cacciari continua: “Di quale tipo di rischio si tratta? Dell’astrarsi dalla complessità del mondo di vita, delle forme di vita: l’unico sapere è il mio. Ma con ciò si cessa di essere scienziati, perché lo si è soltanto nella misura in si definisce e si delimita il proprio sapere e il suo potere. Nell’onnipotenza si cessa di essere scienziati. Quindi lo scienziato dev’essere co-sciente di appartenere a un mondo, di dialogare, volente o nolente, con le altre forme di vita e tenerne conto”.
Insomma, è lecito chiedersi se Burioni sa della lezione di Cacciari poco prima della sua. Ad ogni modo il celebre virologo marchigiano in versione light, di suo fa alcuni passetti conciliativi: “La scienza, se non correggiamo il tiro, dimostrerà l’efficacia dei vaccini purtroppo nel momento in cui l’epidemia di una malattia dimenticata tornerà a colpirci. Ma questa è appunto una strada tragica, lastricata di dolore e morte. È una strada che dobbiamo evitare e dobbiamo allora avere il coraggio di percorrerne un’altra, quella del dialogo con le persone”. E ancora: “In questo mondo dove l’autorevolezza è perduta, dove su Internet tutti possono parlare di tutto, a noi scienziati e a noi medici è richiesto qualcosa di più. Non solo dobbiamo condividere con le persone i nostri risultati, i nostri progetti e le nostre vittorie, ma anche le nostre sconfitte”. Sarà, ma anche per questo improvviso e momentaneo sotterrare l’ascia di guerra che Vaccini: 9 lezioni di scienza è una piacevole visione e un piacevole ascolto per l’intelletto. Comunque la si pensi. Vaccinati o meno.