La Rete delle professioni tecniche aveva chiesto che per chiedere il contributo pubblico per edifici con piccoli abusi edilizi bastasse la loro autocertificazione. Invece servirà il via libera dalla Conferenza regionale oppure dei Comuni. Gli Uffici speciali fanno notare che molti degli immobili, almeno nelle Marche, rientrano all'interno dei Parchi o aree con vincoli paesaggistici
Davvero il decreto sisma, che ha appena ottenuto il via libera alla Camera con 281 sì e passa ora al Senato, non accelera la ricostruzione ma anzi rischia di rallentarla? L’allarme è stato lanciato dalla Rete delle professioni tecniche, che riunisce gli ordini di diversi settori, come architetti, ingegneri, geometri e geologi. I professionisti del settore lamentano che il Parlamento non ha accolto le modifiche che proponevano, come la possibilità di iniziare i lavori senza aver sanato i “piccoli abusi” edilizi e quella di estendere ai Comuni fuori dal cratere sismico la normativa sulle sanatorie applicabile ai Comuni direttamente colpiti. Interventi che, fa notare l’Ufficio del Commissario speciale Piero Farabollini, avrebbero fatto venir meno la funzione di controllo dell’ente, necessaria soprattutto in una zona tutelata come quella colpita dal terremoto del 2016, soggetta a norme e restrizioni, anche paesaggistiche. E con molti edifici all’interno di parchi nazionali.
A far discutere la Rete è soprattutto l’articolo 3 del decreto, quello che cioè introduce il vero elemento considerato acceleratore dal governo: la possibilità di autocertificazione. In pratica, grazie alla nuova norma la fase istruttoria relativa ai progetti per i quali si richiede il contributo alla ricostruzione, prima tra i compiti dell’Usr, “passa” nelle mani dei professionisti che certificano la completezza e la regolarità amministrativa e tecnica del progetto, calcolando loro stessi il contributo. “Tralasciando la parte della responsabilità civile e penale che avremmo a nostro carico – spiega Paolo Moressoni, tesoriere dell’Ordine degli Architetti dell’Umbria, membro della Rpt – Il problema è che se oggi le pratiche non vanno avanti è per altri motivi. Per esempio i piccoli abusi, come lo spostamento di una porta o di una finestra, e la conseguente necessità di sanatorie”. Queste tipologie di progetto secondo il decreto sisma, infatti, non sarebbero soggette ad autocertificazione ma dovrebbero comunque avere il via libera dalla Conferenza regionale, oppure dai Comuni. “Per questo avevamo proposto di posporre l’esame delle sanatorie – continua Moressoni, che siede anche al tavolo tecnico nazionale istituito dopo il terremoto – Nell’attesa del via libera delle autorità competenti, assumendoci noi (i professionisti ndr) la responsabilità, cioè dicendo a priori se un abuso è sanabile o no, avremmo voluto poter continuare a ricostruire, mandando avanti i lavori del progetto prima del via libera. Ma non siamo stati ascoltati”.
Una semplificazione che secondo gli Uffici speciali per la ricostruzione non è attuabile, soprattutto perché la maggior parte dei contributi viene concessa tramite credito d’imposta, e ha quindi bisogno di un progetto certo, con garanzie di eseguibilità. Ma non solo. “C’è da considerare che molti degli immobili, almeno nelle Marche, rientrano all’interno dei Parchi – specifica Spuri – Quindi il parere preventivo della Conferenza regionale è necessario”. Dello stesso parere anche l’Ufficio nazionale del commissario Farabollini che, sottolineando la legittimità dei dubbi della Rpt, vista la gestione degli ultimi tre anni dell’emergenza sisma, evidenzia come non tutto può essere demandato ai professionisti. “Mancherebbe un controllo da parte degli enti preposti”, dicono dall’Ufficio di Farabollini.
Ma non solo l’autocertificazione. A preoccupare i professionisti è anche la gestione delle Conferenze regionali, che, sottolinea Moressoni, “oggi si riuniscono poco, in Umbria solo una volta ogni 15 giorni”. Secondo il decreto, infatti, per tutti i casi in cui l’autocertificazione non è possibile, è compito del professionista chiedere un parere aggiuntivo da parte dell’Ufficio speciale per la ricostruzione. “Per questo avevamo chiesto di introdurre anche per la convocazione della Conferenza un limite di tempo – specifica l’architetto – Passato quel tempo valeva la regola del silenzio assenso”. In pratica secondo la proposta di emendamento della Rete dei professionisti, l’ufficio regionale avrebbe dovuto avere un limite di 15 giorni per prendere una decisione su un progetto, trascorsi i quali sarebbe scattata un’approvazione automatica. “È chiaro che con l’aumento delle richieste di contributo, vista la semplificazione dell’autocertificazione, non è possibile pensare di convocare solo una Conferenza a settimana – commenta Spuri al Fatto.it – Per questo come Usr, almeno nelle Marche, abbiamo già provveduto a implementare il numero di Conferenze, ricollocando il personale che prima gestiva le pratiche istruttorie”.
Tra le richieste, non accolte, della Rete dei professionisti, anche l’idea di un articolo aggiuntivo da inserire nel decreto sisma allo scopo di estendere la normativa in materia di sanatorie dei comuni dentro il cratere sismico a quelli fuori. “Stando alle regole attuali – specifica Moressoni al Fatto.it – gli uffici speciali per la ricostruzione ormai pacificamente interpretano in maniera errata i contenuti ed il valore delle disposizioni normative, non consentendo di procedere con le concessioni contributive relative agli immobili oggetto di sanatorie strutturali al di fuori del cratere. Questo crea delle disparità di trattamento che hanno risvolti anche sulle casse dello Stato, visto che il Cas (Contributo autonoma sistemazione) viene concesso anche fuori dal cosiddetto cratere. E non è giusto”.