Il più grande finanziatore della fondazione Open è stato Gianfranco Librandi, imprenditore e deputato, eletto alla Camera con Scelta civica e poi ricandidato dal Pd di Matteo Renzi. Lo sostiene il settimanale L’Espresso, che sul suo sito pubblica alcuni nomi di finanziatori dell’ex cassaforte del leader di Italia Viva. Dopo la vicenda del prestito da 700mila euro dalla famiglia Maestrelli per comprare la villa a Firenze (per la quale Renzi ha annunciato querela), il settimanale costruisce alcuni passaggi contenuti in un rapporto dei detective dell’antiriclaggio di Bankitalia.
L’articolo dell’Espresso si concentra uno dei conti della Open aperto il 15 febbraio 2017 alla Cassa di risparmio di Firenze, sul quale è delegato ad operare il presidente della fondazione Alberto Bianchi, finito indagato per traffico illecito di influenze e finanziamento illecito. Il settimanale ricostruisce i movimenti in entrata di quel conto che ammontano a circa 1,7 milioni di euro. L’importo più alto arriva da Librandi: tra febbraio 2017 e giugno 2018, ha regalato alla fondazione 800mila euro, attraverso la Tci Telecomunicazioni Italia e la Tci Elettromeccanica, due società a lui riferibili.
Imprenditore di Saronno, Librandi è stato un sostenitore di Forza Italia e di Silvio Berlusconi. Poi nel 2013 è stato eletto alla Camera da Scelta civica. Nel 2018, invece, è stato ricandidato dal Pd guidato da Renzi, partito al quale aveva aderito l’anno prima. Insomma è un vero trasformista: a parte i soldi a Open, infatti, in 9 anni, dal 2008 al 2017, ha donato 499 mila euro a molti altri partiti. L’ultimo partito scelto dall’imprenditore deputato è proprio quello personale di Renzi: poche settimane fa, infatti, Librandi ha lasciato i dem per seguire l’ex premier in Italia viva.
Con lui, tra i finanziatori della cassaforte ora al centro dell’indagine della procura di Firenze c’è anche lo stampatore Vittorio Farina, ex socio del faccendiere Luigi Bisignani. A maggio 2017 Farina ha donato alla Open 100mila euro. Quattro msi dopo fu arrestato per la bancarotta fraudolenta della Ilte, che stampava giornali e periodici. Secondo investigatori citati dal settimanale una parte consistente dei finanziamenti di Open “deriva da donazioni di imprenditori privati che, spesso, sono coinvolti in vicende giudiziarie legate ad illeciti di natura fiscale-finanziaria“.
Sempre secondo l’Espresso il 24 aprile 2018, invece, Renzi ha avuto un “prestito infruttifero” da 20mila euro da Carrai. Ex capo di gabinetto alla provincia di Firenze e poi membro del consiglio direttivo di Open, Carrai fu nominato nel 2009 presidente di Aeroporti di Firenze. Nell’indagine su Open – fondazione che lo vedeva tra i membri del cda – Carrai è indagato per finanziamento illecito. Tra gli altri donatori della fondazione – sempre secondo l’Espresso – c’è la famiglia Maestrelli, la stessa che ha prestato 700mila euro a Renzi per l’acquisto della villa (Soldi restituiti pochi mesi dopo, mentre in precedenza Renzi aveva nominato Riccardo Maestrelli in Cassa depositi e prestiti Immobiliare Spa): ha donato 300mila euro. A Open arrivano anche 160mila euro dal comitato Basta un Sì e sono giustificati con la causale “restituzione finanziamento”. Sul conto del comitato per il referendum costituzionale in effetti Open aveva girato – tra ottobre e novembre 2016 – 200mila euro. Tra il 15 e il 23 febbraio 2018 in piena campagna elettorale per le politiche, la fondazione vicina a Renzi incassa una sostanziosa donazione della famiglia Aleotti, proprietaria della casa farmaceutica Menarini: in una sola settimana versano 300mila euro in 8 bonifici. Anche la famiglia Aleotti è tra i finanziatori di Open non indagati che hanno ricevuto una perquisizione da parte della guardia di finanza nei giorni scorsi.