Musica

“Tesoro, metti a letto i bambini. Vado da Myss Keta”: la cantante chiude il suo tour sfacciato e irriverente a Milano con Mahmood

Regia precisa, musica a palla e, naturalmente, trash a tutto spiano. La Papessa mascherata di Porta Venezia porta sul palco uno show ironico e “pazzesko”, perfetto per un pubblico che ama e vuole divertirsi più che trasgredire davvero. Infatti, il concerto era pieno di bravi ragazzi, scatenati in pista e ordinatissimi all’uscita

di Daniela Faggion

C’è qualcosa nella musica da club che mette d’accordo generi e generazioni. Pochi capiscono che cosa sia il quid che trascina così facilmente tutti a ballare. Sicuramente lo ha capito Myss Keta che, a sei anni dal suo primo live a Milano sul palco del “Glitter”, il 27 novembre 2019 ha chiuso il tour di Paprika all’Alcatraz, una manciata di fermate di metro a nord della “sua” Porta Venezia. Quello che ha capito lo ha trasformato in uno show irriverente, sfacciato, lascivo quanto basta. In una parola, irresistibile. La diva mascherata del rap Anni Dieci, accompagnata dai suoi tre angeli in latex e dall’immancabile Riva in consolle, è salita sul palco appena qualche minuto dopo le 21.30 previste sparando sul pubblico il Burqa di Gucci e alle 23 ha salutato diligentemente con la sua bandiera, Pazzeska, concedendo una sola rentrée con Milano, Sushi & Coca insieme alla make up artist in drag Stephanie Glitter. In mezzo, un’ora e venti cantata e “sculacciata”, gridata e sussurrata, live e condivisa, in primis via social con tutte le dirette del caso, poi con amici e colleghi (dall’acclamatissimo Mahmood a Quentin Quaranta, dal Pagante alle immancabili Ragazze di Porta Venezia), ma soprattutto con un pubblico coloratissimo, in gran parte Arcobaleno, voglioso di cantare a squarciagola quelle che Myss chiama “le preghierine della sera”, decisamente poco canoniche ovviamente.

C’è il manager 50enne con il toyboy; il ventenne en travesti appiccicato all’amica del cuore; la fan giapponese che bacia senza tregua il fidanzato platinato; la ragazzina paffuta con gli occhialoni a cuore che ripete tutti i testi come le poesie di scuola; uno stuolo di sue colleghe con il volto coperto da una bandana o da una mascherina di rito, il marchio di fabbrica della cantante, che non si presenta mai in pubblico senza. C’è anche una milf sui 45 che ha fatto rientrare prima il marito dal lavoro, perché mettesse a letto i pargoli e le consentisse di non perdere l’appuntamento con cui Myss Keta è tornata all’Alcatraz, dove – lei stessa ricorda – tre anni fa era stata la protagonista dell’opening act dei Tre Allegri Ragazzi Morti, divenuti suoi produttori con l’etichetta La Tempesta. Umanità varia ed eventuale, con un tasso etilico in realtà contenuto e una modica quantità di droghe in corpo, nonostante la regina della serata ne faccia abbondante uso nel nome e nei fraseggi. I ketamini, come li chiama Miss, sembrano per lo più dei bravi ragazzi: uno solo, in tutta la serata, è svenuto sulle scale del locale, che con il sold out consentiva poche possibilità di sedersi. Tutti gli altri per lo più riprendono le performance con lo smartphone e obbediscono sorridenti alle richieste della loro Papessa underground, che dichiara perentoria: “Milano, voglio ballare con le mani al vento e il culo a tempo!”. E come fai poi a non sentirti addosso Adoro, come canta insieme al Pagante?!

La trasgressione, dunque, sembra più negli abiti e negli atteggiamenti che nella sostanza. Difficilmente troveremmo le stesse persone in un rave, almeno non tutte… E per fortuna, visti i recenti “fatti” di cronaca. Di certo, Myss Keta porta sul palco una ventata di libertà: le sue coreografie orgogliosamente trash e ammiccanti, le sue strofe infarcite di sesso, droga e parolacce, i suoi volumi sparati in cassa trascinano il pubblico in un rituale pieno di un’ironia che pochi artisti della scena rap e non solo sembrano capaci di interpretare oggi. Sia ben chiaro: rime, doppi sensi e allusioni non mancano in giro, ma sembrano spesso presi troppo sul serio. Myss Keta e il suo pubblico appaiono invece consapevoli che il personaggio che sculetta senza tregua e canta (peraltro bene e con poche sbavature) abbia superato da un pezzo la lezioncina della trasgressione fine a se stessa (e anche un po’ “maschio alfa”, se si può dire), per farne un obiettivo più affine all’etimologia della parola: transgredi, andare oltre, non per forza contro.

In definitiva, un bel concerto: studiato nei tempi, nelle scenografie e nei cambi d’abito, con poche esitazioni e molte entrate e uscite dal palco senza troppi convenevoli. Unica concessione “romantica”: il grazie ai ketaminari che hanno portato il progetto del #MotelForlanini al successo nazionale. Senza di loro, che alla Myss appaltano tutto ciò che mai farebbero e direbbero alla luce del sole, le Ragazze di Porta Venezia non sarebbero andate molto oltre il Plastic di Viale Umbria.

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