C’è un clima teso a palazzo San Macuto. Un clima che fonti della commissione Antimafia descrivono al fattoquotidiano.it come denso di “profonda preoccupazione“. Il motivo? Il taglio delle scorte ai magistrati applicati come consulenti all’organo parlamentare. A Marisa Manzini e Roberto Tartaglia è stato recentemente ridotto il livello di protezione: da una scorta di secondo livello a una di terzo. Vuol dire che da due auto blindate con tre agenti sono passati a una macchina con uno o due uomini.
Una scelta che – come prevede la legge – è stata compiuta dagli analisti dell’Ufficio centrale interforze per la sicurezza personale, probabilmente motivata dal fatto che i due pm a Roma sono meno esposti ai rischi rispetto a Palermo e a Cosenza, le città dove lavoravano prima di arrivare nella capitale. Nel capoluogo siciliano Tartaglia ha fatto il pm per dieci anni occupandosi di indagini delicate come quella sulla Trattativa tra pezzi dello Stato e Cosa nostra. Proprio a Palermo nel 2013 Tartaglia subì un furto inquietante nella sua abitazione: alcuni ladri rubarono una pen drive con alcuni documenti top secret non ancora depositati. Nella città calabrese, invece, Manzini era procuratore aggiunto. Si era occupata d’indagini sulla ‘ndrangheta, sul boss di Limbadi Pantaleone Mancuso. Lo stesso mafioso che è autore di alcune pesanti minacce indirizzate alla Manzini.
Nel 2016, infatti, durante il processo Black money Mancuso disse alla pm in aula: “Fai silenzio ca parrasti (hai parlato ndr) assai“. Per quelle frasi il padrino è finito sotto processo a Salerno con l’accusa di oltraggio a magistrato in pubblica udienza. Proprio durante l’apertura del procedimento, il 31 novembre 2019, è stata resa nota l’esistenza di alcune intercettazioni in carcere. Registrazioni durante le quali lo stesso boss di Limbadi manifesta tutto il suo astio nei confronti di “una donna“. Per gli inquirenti si tratta della stessa Manzini, nel frattempo diventata consulente della commissione Antimafia. E dal 16 ottobre scorso titolare di una scorta depotenziata rispetto al passato. E questo – fanno notare fonti di san Macuto – nonostante il boss Mancuso la consideri responsabile della morte di sua moglie, Santa Buccafusca: la donna aveva deciso di cambiare vita, di collaborare con la magistratura. Nel 2018, però, viene ritrovata morta nel suo appartamento. L’indagine per omicidio verrà archiviata: per gli investigatori la moglie del boss si era suicidata.
“A soli quindici giorni dall’inizio del processo alla dottoressa Manzini è stato ridotto il livello di protezione da secondo a terzo grado. In sostanza il magistrato può contare su un solo uomo di tutela, nonostante sia in cima alla lista nera della cosca, e ciò rende evidente il rischio per la sua incolumità e per quella degli uomini delle forze dell’ordine che hanno il compito di proteggerla”, ha detto Wanda Ferro, deputata di Fdi e segretario della commissione Antimafia che ha depositato un’interrogazione parlamentare sulla vicenda. Fonti della stessa commissione, tra l’altro, fanno notare come lo stesso presidente di san Macuto, Nicola Morra, sia destinatario solo di una protezione di quarto livello. Vuol dire un’auto non blindata con un agente. “In passato – dicono le stesse fonti – i precedenti presidenti della commissione erano protetti con scorte di secondo livello e tre blindate. Anche per questo certe scelte oggi ci sembrano essere segnali preoccupanti”.
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