La decisione della casa proprietaria di Mercedes arriva alla fine di una lunga contrattazione con i sindacati e segue decisioni simili prese da altre compagnie automobilistiche, in ultimo Audi che ha dichiarato 9.500 esuberi. Le aziende del settore cercano così di risparmiare per investire nella riconversione industriale verde
La casa automobilistica tedesca Daimler, proprietaria di Mercedes-Benz, taglierà almeno 10mila posti di lavoro a livello globale entro la fine del 2022. La decisione è parte di un massiccio piano di risparmi per finanziare la transizione all’elettrico. Daimler aveva già annunciato che un decimo dei manager sarebbero stati licenziati, ma le nuove misure riguarderanno migliaia di posizioni amministrative. L’annuncio segue di pochi giorni la decisione di Audi di tagliare 9.500 posti di lavoro in cinque anni e di ridurre la produzione in due stabilimenti.
Venerdì mattina il responsabile del personale di Daimler Wilfried Porth ha spiegato che il numero degli esuberi sarà “un numero basso a cinque cifre”. La compagnia ha annunciato che saranno tagliati costi per 1,4 miliardi di euro. Secondo gli ultimi dati non saranno coinvolti gli addetti alla catena di montaggio. I lavoratori tedeschi della Daimler, circa 130.000, saranno parzialmente protetti. Infatti la casa automobilistica ha stipulato un accordo con i sindacati per esentare il personale operativo in Germania da licenziamenti obbligatori (compulsory redundancies) fino alla fine del 2029. L’obiettivo dei tagli è risparmiare miliardi di euro da investire nelle auto elettriche.
In un comunicato, Daimler ha affermato che ridurrà il numero dei lavoratori in un “modo socialmente responsabile” e userà “le naturali fluttuazioni per tagliare posti che diventano vacanti”, sottolineando che “l’industria automobilistica sta attraversando la più grande trasformazione della sua storia”. Il produttore di automobili ha aggiunto che pacchetti di esuberi volontari saranno offerti ai dipendenti vicini alla pensione e che ai lavoratori sarà proposta l’opzione di ridurre gli orari settimanali di lavoro.
“La riduzione della capacità non deve essere effettuata a spese dei dipendenti“, ha ammonito il sindacalista Michael Brecht, presidente del comitato aziendale di Daimler, per il quale “l’obiettivo della riduzione dei costi del personale deve essere sul miglioramento dei processi e dei flussi di lavoro” anziché sull’eliminazione dei posti di lavoro. L’annuncio odierno non è comunque riuscito a rilanciare le quotazioni di Daimler, che negli ultimi due anni hanno perso circa il 30 per cento: a Francoforte il titolo viaggia intorno ai 51,25 euro, con un calo di circa l’1,2% sulla chiusura di giovedì.
Quello di Daimler è solo l’ultimo di una serie di interventi sulla forza lavoro del settore automobilistico in Europa. Nel giugno scorso Ford aveva annunciato che avrebbe tagliato 12mila posti di lavoro nel continente entro la fine del 2020, con la chiusura di sei impianti su diciotto. In precedenza Honda aveva confermato la chiusura della storica fabbrica inglese di Swindon nel 2021, con la cancellazione di 3.500 posti di lavoro. Anche in questo caso, alla base della decisione vi erano gli enormi investimenti richiesti dal passaggio alla produzione di veicoli elettrici. BMW si è invece limitata ad annunciare la riduzione dei bonus per i lavoratori per ridurre il costo del lavoro, ma senza “misure drastiche” sull’occupazione. Il 27 novembre infine l’Audi ha annunciato che taglierà 9500 posti di lavoro, descrivendo il pacchetto di misure come “un passo importante e coraggioso per la competitività e la redditività a lungo termine”.