Violenza privata. È questa l’accusa che ha portato la Digos di Catania ad arrestare Rosario Piacenti, 54 anni, pregiudicato, leader storico degli Irriducibili, il gruppo più caldo della curva sud del Catania calcio: è ritenuto il responsabile dell’aggressione ai danni di Pietro Lo Monaco, amministratore delegato della società etnea. Il 27 novembre Piacenti si trovava a bordo del traghetto partito da Messina in direzione Villa San Giovanni Nord. Dal filmato del sistema di video-ripresa installato sul traghetto, si è visto chiaramente che l’aggressore, dopo essersi avvicinato al bancone del bar dove Lo Monaco stava facendo colazione, gli ha sferrato uno schiaffo facendogli volare gli occhiali e lo ha colpito una seconda volta alla presenza di altre persone. L’arresto è stato eseguito grazie alla cosiddetta “flagranza differita” prevista per reati commessi a causa di manifestazioni sportive ed è stato possibile grazie alla normativa speciale che consente l’adozione del provvedimento pre-cautelare, in presenza di determinati presupposti (ripresa video-fotografica, individuazione del soggetto responsabile, esigenze di ordine pubblico), comunque entro le 48 ore dal compimento del fatto.
Da qualche tempo Piacenti aveva assunto un atteggiamento di aperta ostilità nei confronti di Pietro Lo Monaco: cori ingiuriosi nei suoi confronti erano stati intonati in occasione delle partite e sui muri della città erano comparse scritte minatorie e striscioni offensivi. L’obiettivo degli ultras, secondo gli inquirenti, era quello di costringere l’amministratore delegato a lasciare la società. Le indagini ora puntano a individuare le altre persone presenti al momento dell’aggressione: nei loro confronti scatterà il Daspo e sarà proposta l’irrogazione della sorveglianza speciale di pubblica sicurezza.
Rosario Piacenti è uno degli appartenenti della famiglia dei ‘Ceusa‘ (Gelsi), clan attivo soprattutto nel rione Picanello di Catania, anche se non è mai stato indagato per associazione mafiosa, ma accusato e processato per usura aggravata. Il suo nome è finito in una relazione annuale delle Commissione parlamentare Antimafia. Un caso eclatante fu la richiesta di un ”contributo per le spesi legali” di alcune migliaia di euro fatta all’allora capitano del Catania, Marco Biagianti: condannato in primo grado a 4 anni e 4 mesi, è stato assolto in appello perché il fatto non sussiste insieme con un suo presunto complice. Il calciatore ha sempre negato l’estorsione e non si è costituito parte civile. Nel 2016 è stato arrestato nell’ambito dell’operazione ‘Nero Infinito‘ per usura nei confronti di un produttore cinematografico. Sulla vicenda da registrare la nota ufficiale della società calcistica siciliana, che dopo essersi congratulata con le forze dell’ordine per l’esito dell’operazione, ha annunciato che “in sede processuale si costituirà parte civile nei confronti degli autori dei reati configurati, che hanno causato danni fisici e morali al dirigente ed arrecato gravissimo nocumento all’immagine della società e della squadra. Auspichiamo – si legge nella nota – che anche il Comune di Catania si determini a costituirsi parte civile, a tutela dell’immagine dell’intera città”.