“Quando con i colleghi brasiliani abbiamo dimostrato che il CBD era un potente farmaco antiepilettico nei pazienti, nessun lavoro clinico su questo argomento è stato svolto altrove per decenni. Tuttavia negli Stati Uniti, circa un decennio fa, genitori e pazienti hanno appreso che il CBD può aiutare i loro bambini epilettici e hanno iniziato a usare cannabis con alti livelli di CBD. Alla fine fu approvato un ampio studio clinico. Ha dimostrato che il CBD è davvero un buon agente antiepilettico nei bambini. C’era davvero bisogno di aspettare 30 anni? Migliaia di bambini avrebbero potuto essere aiutati prima”.

Questo passaggio, tratto dalla prefazione di Raphael Mechoulam, considerato il padre della ricerca sulla cannabis per le sue innumerevoli scoperte, a partire da quella del THC, spiega perfettamente l’evoluzione che la cannabis ha avuto dalla scienza moderna. Prima snobbata, poi presa timidamente in considerazione e oggi al centro della ricerca scientifica. Come ha raccontato Mario Catania nel libro “Cannabis. Il futuro è verde canapa”, edito da Diarkos, secondo il professore oggi ci troviamo nella terza fase della ricerca sulla cannabis. La prima ha riguardato la pianta e le oltre 600 sostanze che contiene e agiscono in sinergia, la seconda si è concentrata sul sistema endocannabinoide, presente nell’uomo e in tutti gli animali tranne gli insetti: è costituito dai recettori, diffusi in tutto il corpo, e dagli endocannabinoidi, sostanze che mimano gli effetti di quelli contenuti nella cannabis e che il nostro corpo produce in modo naturale. Presiede a funzioni importantissime per il nostro organismo e interagisce con i principi attivi della pianta ed è per questo motivo che la cannabis può essere utile per così tante patologie. La terza fase è quella odierna, in cui gli scienziati stanno studiando proprio questi endocannabiniodi per utilizzarli come nuova arma per la medicina del futuro.

Futuro in cui la cannabis sarà sempre più presente, in medicina, nell’industria, nell’agricoltura e nella nostra economia. Per la prima volta nella storia da quando la cannabis è stata inserita nella tabella delle sostanze stupefacenti senza alcun valore medico con la Convenzione sugli stupefacenti del 1961, l’OMS, dopo un lungo processo di revisione, ha chiesto che venga riclassificata, riconoscendone le proprietà mediche e terapeutiche. Ora gli stati membri dovranno ratificare il cambiamento con un semplice voto a maggioranza nel marzo del 2020.
Ed è il segnale del cambiamento globale al quale sta portando la rivoluzione verde. Nel libro, che esplora le 3 anime di questa pianta, trova ampio spazio la legalizzazione della cannabis che, partita dal piccolo Uruguay del grande Pepe Mujica, ha contagiato 11 stato USA, il Canada, e altri paesi che si apprestano a seguirne le orme. Prima tra tutti la Germania, visto che la la CDU, il partito di Angela Merkel, ha di recente aperto alla legalizzazione della cannabis. Perché, “là dove non sono arrivate le pur nobili ragioni degli antiproibizionisti, ci sono arrivati i soldoni, che parlano una lingua comprensibile a tutti”, leggiamo nel libro che riporta i dati economici e i benefici sociali che arrivano dagli USA. Negli Stati Uniti sono 11 gli Stati in cui è stata legalizzata del tutto la cannabis e oltre 30 quelli in cui è legale quella medica. Ad oggi la legalizzazione della cannabis ha creato oltre 200mila posti di lavoro a tempo pieno e 300mila considerando tutto l’indotto, dei quali 64mila solo nel 2018. Ma oltre a soldi e tasse la legalizzazione sta portando benefici sociali: i soldi che prima alimentavano la criminalità organizzata oggi vengono spesi per creare borse di studio per gli studenti, per costruire alloggi per i senza tetto e per fare campagne di informazione, mentre le forze dell’ordine possono concentrarsi sui veri crimini con risultati che nello stato di Washington sono stati certificati dallo studio di un’università.

Canapa che: “E’ una risorsa rinnovabile pressoché inesauribile, che ha accompagnato l’umanità per millenni e può essere una valida alleata nelle sfide future che riguardano il clima, il pianeta e i livelli di CO2”, si legge. La canapa è all’origine dell’invenzione della carta 2mila anni fa, anche se oggi solo una minima percentuale della carta a livello mondiale viene prodotta con piante annuali. Il vantaggio sarebbe quello di non disboscare foreste che crescono in anni e anni e quello di avere carta di alta qualità, che non deve essere sbiancata tramite procedimenti chimici. La canapa può essere plastica biodegradabile come raccontato nel libro dalla dottoressa Nicoletta Ravasio, che sta studiando le possibili applicazioni in questo campo presso il CNR.

La canapa tessile, quella che ci ha reso famosi in tutto il mondo per la qualità della nostra fibra, era quella usata nelle vele e negli isolamenti delle caravelle che si sono spinte fino in America, oltre a costituire la materia prima per il fabbisogno di intere famiglie: dai corredi per le spose alle coperte, passando per teli, stracci, sacchi abiti e cordame. Le prime testimonianze di filatura della canapa in Italia risalgono a 4500 anni fa, oggi non la produciamo più. E non tutti sanno che il cotone è una delle colture più inquinanti del pianeta e che consuma enormi quantitativi di acqua.

L’edilizia tradizionale a livello globale è responsabile del 30/40% delle emissioni totali di CO2. Con la canapa, unita ad acqua e calce è possibile realizzare case salubri e a “bolletta zero” che sono carbon negative, cioè tolgono più CO2 dall’atmosfera di quanta ne viene prodotta in tutta la filiera. La canapa, come pianta, toglie dall’ambiente 4 volte in media la CO2 rispetto agli alberi, e va avanti a farlo anche quando diventa bio-mattone: il politecnico di Milano ha stimato che un metro cubo di canapa e calce toglie dall’atmosfera circa 60 kg di CO2.

E questi sono alcuni spunti nella panoramica di utilizzi e possibilità di questo vegetale che sta iniziando a prendersi qualche rivincita. “Il proibizionismo e le innumerevoli bugie raccontate su questa pianta ne hanno falsato la nostra percezione, ed oggi è il tempo di riappropriarsi di questa incredibile risorsa. Perché il futuro è verde canapa”, dice Mario Catania. Chissà che la storia non gli dia ragione.

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