In piena estate sembrava l’unica via e fino alla fine settembre l’ipotesi di sorteggiare i componenti del Consiglio superiore della magistratura sembrava “una scelta difficile da accettare”, ma che andava fatta “per estirpare le degenerazioni correntizie”. Erano i giorni incandescenti dello scandalo sulle nomine ai vertici degli uffici giudiziari con la pubblicazione di intercettazioni che dimostravano tutte le manovre per piazzare i candidati graditi nelle procure. Nelle ultime settimane la posizione del ministro della Giustizia è cambiata. Alfonso Bonafede, di fronte al muro innalzato dalla Associazione nazionale magistrati che ventilava l’incostituzionalità della modalità del sorteggio, aveva sempre dichiarato di essere comunque aperto al dialogo e al confronto, tanto che un mese fa in audizione alla commissione Giustizia della Camera sulle linee programmatiche del suo il Guardasigilli aveva detto: “Non mi impunto su un sistema elettorale rispetto all’altro” ma quel che è certo è che “va blindata l’indipendenza del Csm”.
Oggi proprio di fronte a una platea di toghe, riunite in congresso a Genova, il ministro sembra aver guardato oltre quella modalità: “Non voglio sbilanciarmi, ma molto probabilmente nel nuovo sistema elettorale del Csm non ci sarà alcun meccanismo di sorteggio”. Un’affermazione che è arrivata per rispondere al vicepresidente del Consiglio superiore della Magistratura David Ermini, che aveva bocciato il meccanismo del sorteggio. E precisa che per l’elezione dei togati del Csm “l’idea è quella di un ballottaggio in piccoli collegi”. “Ci sono sistemi elettorali che meglio del sorteggio possono eliminare la possibilità di disfunzioni del sistema elettorale nel Csm” ed è “l’idea sul piatto che vedo crescere: è quella per esempio del ballottaggio in collegi piccoli tra i magistrati che ottengono più voti. Il ballottaggio – ha concluso – rende un po’ più complicata la possibilità di quelle degenerazioni che purtroppo in passato abbiamo visto”.
L’Anm ha sempre osteggiato la riforma per le elezioni dei componenti dell’organo di autocontrollo. Riforma, che dopo il disvelamento di vere e proprie trame e complotti, sembrava più che necessaria. Secondo Ermini però il rinnovamento del sistema “deve avvenire senza finalità punitiva e salvaguardando la dignità e l’autorevolezza di un organo di rilievo costituzionale qual è il Csm. Personalmente, eviterei interventi come il sorteggio tra i togati per l’individuazione dei candidabili, un meccanismo cabalistico che deresponsabilizza e ha in sé evidente il tratto della sfiducia nei confronti dei magistrati, e come quello che innalza a perentoria incandidabilità la mera incompatibilità prevista oggi per i membri del Parlamento e dei Consigli regionali“. Questi, ha concluso Ermini “sono interventi che, oltre a suscitare dubbi di legittimità costituzionale, contrasterebbero con il fondamentale interesse di favorire l’accesso degli esponenti maggiormente dotati, sul piano scientifico e culturale, della magistratura, dell’accademia e del foro“. E facendo riferimento alla vicenda di Luca Palamara, Ermini sottolinea che segna un punto di non ritorno. “Quanto accaduto nei mesi scorsi indica un crinale dell’irreversibilità e richiede una vera e propria cesura con il passato e un deciso passo indietro. Le parole del Capo dello Stato pronunciate in plenum il 26 giugno suonano da imperativo per tutti noi”. Mattarella, in merito all’inchiesta di Perugia che ha rivelato gli scandali che hanno travolto il mondo delle toghe, aveva espresso infatti “grande preoccupazione per il coacervo di manovre nascoste”, definendo quanto emerso un “quadro sconcertante e inaccettabile” che ha “minato l’autorevolezza” dei magistrati.