L’ultimo referto è del 27 novembre: “La signora Di Rosa accede con difficoltà al nostro ambulatorio accompagnata dal figlio. Si registra infatti una notevole perdita di peso rispetto all’ultimo controllo e un’ulteriore deflessione del tono dell’umore. Si rileva un peso corporeo di 37,2 Kg, corrispondente a un Bmi (indice di massa corporea, ndr) di 15,6 (Valori normali: 18,5-24,9). Il perdurare del regime di detenzione domiciliare – scrive la dottoressa Barbara Cozzani, non un medico privato ma una psichiatra dell’Asl Roma 1, Ospedale Santa Maria della Pietà, unità Disturbi alimentari – rende impossibile l’articolazione di un progetto terapeutico di ampio respiro che preveda un ricovero in struttura di riabilitazione psiconutrizionale”. Soffre, secondo i medici, di “anoressia nervosa restrittiva di livello severo”. È ridotta pelle e ossa, depressa, parla a fatica. Le foto che non pubblichiamo fanno impressione.
Donatella Di Rosa, oggi 60enne, non è un’assassina. Nell’ormai lontano 1993 divenne famosa come Lady Golpe: la storia del fantomatico colpo di stato attribuito ai generali amici dell’ufficiale che allora era suo marito e a un neofascista morto da un pezzo, Gianni Nardi. Un cadavere riesumato per nulla, un mezzo terremoto nell’Esercito. Le valse un’improvvisa notorietà, molte copertine, inviti qua e là, più due anni e otto mesi di condanna per calunnia, in parte coperti dall’indulto del 2006. Ne ha presi altri due per un assegno a vuoto nel 2011. Il totale fa quattro anni e quattro mesi, una pena che in genere si risolve nell’affidamento in prova ai servizi sociali per gli incensurati mediamente difesi. Donatella Di Rosa però non si è costituita, forse perché mal consigliata, così ha iniziato a scontare la pena solo nel 2015, quando le forze dell’ordine l’hanno rintracciata per caso, a oltre vent’anni dai fatti, come Il Fatto ha scritto quasi due anni fa.
“Ha scontato tre anni e otto mesi ai domiciliari, ma nel frattempo si è ammalata”, racconta disperato Daniele, suo figlio, che ora teme di perderla. Le avevano sospeso l’esecuzione della pena per qualche mese, poi lo scorso 2 ottobre il Tribunale di Sorveglianza di Roma, presidente dottoressa Luisa Martoni, ha detto di no al nuovo differimento per i pochi mesi che la donna deve ancora scontare, così come all’affidamento in prova richiesto per fare volontariato. Perché non crede alle valutazioni dei medici: “Non del tutto fondata – scrive la presidente Martoni – è la deduzione formulata la sanitario (sic) che ha redatto la relazione prodotta dalla condannata alla odierna udienza, circa la impossibilità di ricovero in via di elezione per la posizione di detenuta domiciliare della condannata, atteso che sarebbe stato sufficiente che la Di Rosa avesse chiesto l’autorizzazione al Magistrato di Sorveglianza o addirittura avesse comunicato all’Autorità di Controllo il ricovero”. La relazione in realtà sembra chiara, non si tratta di una patologia cardiaca che richiede l’ospedalizzazione ma di un’anoressia che radici in un profondo disagio psichico e si cura nel tempo, facendo avanti e indietro con l’ambulatorio: “Allo stato attuale – scriveva il 30 settembre scorso la dottoressa Cozzani dell’Asl Roma 1 – la patologia richiede regolari e frequenti accessi al nostro ambulatorio finalizzati alla correzione delle distorsioni cognitive associate alla malattia, al controllo psicofarmacologico e al monitoraggio delle condizioni organiche, come previsto dal progetto terapeutico multidisciplinare (colloqui psichiatrico-psicologici settimanali, trattamento dietistico-nutrizionale settimanale, valutazioni periodiche dello stato organico) formulato all’atto della presa in carico. Tale progetto non è attualmente realizzabile perché il regime di detenzione domiciliare risulta incompatibile con l’accesso della Sig.ra Di Rosa al nostro ambulatorio”.
Il peso e l’indice di massa corporea scendono inesorabilmente, da 39 chili agli attuali 37, altri sintomi si fanno sempre più preoccupanti. Il Tribunale di Sorveglianza per il momento non ha risposto alle ulteriori richieste di fissare un’altra udienza e disporre una perizia medica. Ora i medici dovranno ricoverarla per forza e alimentarla col sondino. Prima dell’ultimo peggioramento aveva cambiato ancora legale, si è affidata a Luca Di Carlo che annuncia domande di grazia e di revisione del processo. Ma la cosa più urgente è salvarle la vita. Se ne occuperà anche il Garante dei detenuti del Lazio, Stefano Anastasia.