E tu che mestiere fai? Se me lo chiedessero avanzerei con qualche preoccupazione la risposta. Negli ultimi tempi, forse per far fronte a una crisi di identità e anche di reputazione, il giornalista tenta di allargare il campo delle sue incursioni puntando decisamente all’arte, allo spettacolo, a quel tipo di intrattenimento leggero che gli consenta di spaziare da Flaubert a Flaiano, interpretando anche prove di pura comicità. Colpa della televisione forse che ci conduce, persino a nostra insaputa, sul fronte del teatro di strada, occupanti e non più osservatori di quel bar di periferia in cui spesso si trasformano i social, dove le parolacce, insieme alle fregnacce, condiscono il pensiero dominante. Tutti (o quasi) giornalisti o invece e piuttosto tanti (troppi) aspiranti umoristi, cubisti del pensiero, teatranti di quarta serie, sceneggiatori di format ultra faziosi, di ricostruzioni fantastiche e interpretazioni originalissime. Ogni opinione va rispettata e naturalmente la libertà nell’esprimerla contiene in sé anche la legittimità a rappresentarla in forme più spettacolari. A patto di essere continenti, trovare anche il tempo di documentare con i fatti quelle opinioni, e ricordare sempre che siamo solo giornalisti. Non lobbisti. Non tronisti.