Nel 2010 aveva partecipato a un complotto per attaccare la Borsa di Londra e per questo era finito in carcere nel 2012. "Ora chiaramente le indagini dovranno stabilire come abbia potuto portare a termine questo attacco", ha dichiarato il capo dell'antiterrorismo britannica, Neil Basu
Usman Khan, l’attentatore 28enne che venerdì sera ha accoltellato dei passanti sul London Bridge di Londra ammazzando due persone e ferendone altre tre prima di essere ucciso dalla polizia, era in libertà vigilata da dicembre 2018, dopo aver scontato sei anni in carcere per reati legati al terrorismo. Nel 2010 aveva partecipato a un complotto per attaccare la Borsa di Londra. Intanto, l’antiterrorismo britannica afferma che non è in corso la ricerca di altri sospetti.
“L’individuo era noto alle autorità, era stato condannato nel 2012 per crimini collegati al terrorismo e rilasciato in libertà vigilata nel dicembre del 2018″, ha dichiarato il capo dell’antiterrorismo britannica, Neil Basu, specificando che “ora chiaramente le indagini dovranno stabilire come abbia potuto portare a termine questo attacco”. Il funzionario ha reso anche noto che è stata perquisita un’abitazione a Staffordshire, l’area dove abitava il sospetto. Khan era da quasi un anno libero “su licenza” e questo vuol dire che avrebbe dovuto soddisfare determinati standard, altrimenti sarebbe finito di nuovo in cella. Non a caso, prima di sferrare il proprio attacco stava partecipando a un evento ospitato da Learning Together, un’organizzazione con sede a Cambridge che lavora nell’istruzione dei carcerati.
Il precedente del piano per attaccare il London Stock Exchange
Nel 2010, quando programmava di attaccare la Borsa della capitale inglese, Khan aveva solo 19 anni ed era il più giovane di un gruppo di nove estremisti, provenienti da Stoke-on-Trent, Cardiff e Londra, condannati nel febbraio del 2012 da una corte di Woolwich. Nella sentenza, il giudice scrisse che il giovane e altri due imputati erano “jihadisti più pericolosi” degli altri. Secondo le carte processuali, riferisce il Guardian, Khan aveva pianificato di realizzare “un centro per l’addestramento militare dei terroristi” nella terra di proprietà della sua famiglia in Kashmir. In un rapporto sul terrorismo stilato nel luglio del 2013 si afferma che Khan erano uno di tre uomini che si erano recati da Stoke nelle aree tribali amministrate dal Pakistan per il piano teso a realizzare il campo di addestramento. Il gruppo era stato trovato in possesso di copie di Inspire, il magazine in lingua inglese di al-Qaeda e avevano considerato attacchi con lettere bomba.
Al London Stock Exchange i nove, tutti cittadini britannici tranne due del Bangladesh, volevano piazzare ordigni esplosivi nei bagni. La polizia aveva anche trovato una lista, scritta a mano, di altri possibili target, tra i quali l’allora sindaco di Londra, Boris Johnson, il Dean della Cattedrale di St Paul, due rabbini e l’ambasciata Usa a Londra. Nella sentenza, il giudice concludeva che si trattava di una “seria attività terroristica a lungo termine” che poteva portare ad atti atroci in Gran Bretagna. “Tutti prevedevano di poter tornare insieme ad altre reclute in Gran Bretagna come terroristi addestrati a portare a termine attacchi nel nostro Paese”, si legge negli atti processuali.
Il killer “aveva scontato solo metà della sua pena, è chiaro che il sistema non funziona”, ha commentato il primo ministro britannico, Boris Johnson, arrivato sul luogo dell’attacco. “Non ha senso per la società che persone condannate per terrorismo e criminali violenti godano di scarcerazioni anticipate, ogni anno di condanna va scontato”, ha insistito il premier. Johnson ha quindi evocato una revisione del sistema della libertà vigilata, rivendicando gli impegni del programma elettorale Tory per una maggior severità nelle pene.